Taglio cuneo fiscale, la guida: cosa cambia. Fino a 100 euro in più al mese

Vantaggi estesi ai redditi fino ai 35mila euro. Ma Draghi avverte: "No a scostamenti di bilancio". I sindacati vogliono concentrare tutte le risorse sugli oneri contributivi e fiscali dei dipendenti

Il cuneo fiscale

Il cuneo fiscale

Lo aveva preannunciato il ministro dell’Economia durante l’assemblea dell’Abi. Lo ha confermato ieri il premier, Mario Draghi, durante il vertice con i leader di Cgil, Cisl e Uil, a Palazzo Chigi. Il governo vuole intervenire per ridurre il cuneo fiscale e mettere, quindi, più soldi nelle buste paga dei lavoratori. Si parte dai salari più bassi, fino a 35mila euro. E con l’obiettivo di una manovra in due fasi. La prima, entro la fine di luglio, con l’avvio del primo modulo della riduzione del cuneo, che potrebbe attestarsi fra i 4 e i 5 miliardi di euro. La seconda nel 2023, con le risorse che saranno trovate nei capitoli della prossima manovra economica. Si tratterebbe, in ogni caso, di un intervento strutturale e non più una tantum. Sulla dote complessiva, ovviamente, ci sono solo ipotes. Tutto dipenderà dai saldi e dagli spazi che di apriranno "nella finanza pubblica", ha spiegato l’ex numero uno della Bce. Insomma, nessun salto nel buio e soprattutto, niente scostamenti di bilancio almeno per il momento: "Non vogliamo che aumentino i tassi di interesse". Bisogna invece intervenire, ha aggiunto Draghi, "per favorire l’occupazione, per lottare contro le diseguaglianze che si aggravano gravemente e difendere salari e pensioni e per fare questo occorre essere insieme: serve il coinvolgimento pieno del governo con le parti sociali".

Piano in due fasi

È quasi certo che il governo vuole subito dare un segnale ai lavoratori che vada oltre l’una tantum di 200 euro già previsto per i redditi medio-bassi. Per questo si comincerà a intervenire per ridurre il cuneo fiscale già entro la fine di luglio, con un intervento che potrebbe attestarsi sui 4-5 miliardi di euro. Tutto dipenderà dall’andamento del Pil e dal tesoretto che il ministro delle Finanze è riuscito a trovare nelle pieghe del bilancio grazie al trend positivo delle entrate fiscali. Si parla di una cifra compresa fra i 10 e i 12 miliardi fra il 2022 e il 2023. Ma c’è anche chi si spinge oltre queste cifre.

Cento euro in più

Già con le norme entrate in vigore a inizio d’anno, e in particolare l’assegno unico universale per i figli e il taglio dell’Irpef, il cuneo fiscale è diminuito in media di 2-3 punti percentuali. Ma il vantaggio più consistente si è concentrato nella fascia fino a 28mila euro. Modesto, invece, il taglio oltre questa soglia, fino ad azzerarsi del tutto per chi guadagna oltre i 50mila euro. Con la nuova rimodulazione del cuneo i vantaggi sarebbero estesi fino a 35mila euro, con un aumento nelle buste paga che dovrebbe attestarsi sui 1.200 euro all’anno in media (circa 100 euro in più al mese). Ovviamente, in proporzione, guadagneranno qualcosa in più i lavoratori che si trovano al di sotto di questa soglia, con un decalage in percentuale fino a redditi medi.

Il carico sulle imprese

Il presidente degli industriali, Carlo Bonomi, aveva invece proposto una cura-choc da 16 miliardi di euro per ridurre il cuneo, distribuendo la dote per due terzi ai lavoratori e per un terzo ai datori di lavoro. Ipotesi che i sindacati hanno bocciato, chiedendo di concentrate tutte le risorse solo sugli oneri contributivi e fiscali che pesano sui dipendenti. Ed è la strada che, molto probabilmente, il governo intende percorrere, collegando il taglio del cuneo alla nuova revisione delle aliquote Irpef prevista nella legge delega sulla riforma fiscale.

L’effetto sulle pensioni

C’è poi un altro tema in discussione. I sindacati vogliono concentrare l’intervento sul cuneo fiscale solo sulla parte relativa alle imposte, lasciando da parte invece gli oneri contributivi che potrebbero avere l’effetto di alleggerire le pensioni future dei lavoratori. In particolare, nella busta paga, oltre ai contributi previdenziali a carico del lavoratore (quelli obbligatori incassati dall’Inps) c’è anche una quota a carico del datore di lavoro che sono versati a monte e che non rientrano nello stipendio lordo percepito alla fine del mese. Sarà un altro dei nodi che il premier si è impegnato a sciogliere nella proposta che dovrebbe presentare ai sindacati fra un paio di settimane.