Cuneo fiscale: ecco perché in Italia è così alto

Il peso delle tasse sul lavoro è pari al 46,5% contro una media dell'eurozona del 41,7%. A incidere è soprattutto il sistema pensionistico, che garantisce assegni molto più generosi che nel resto d'Europa

Le imprese in sofferenza a causa del caro energia

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La recente proposta fatta da Confindustria di destinare 16 miliardi di euro al taglio del cuneo fiscale ha trovato il sostegno trasversale di tutte le forze politiche. Ed era difficile che fosse altrimenti. Che le tasse sul lavoro siano troppo alte in Italia è infatti un dato confermato da tutti gli organismi internazionali, i quali, da anni, continuano a suggerire di ridurle. Finora, però, è stato fatto poco. Ma come si colloca l’Italia nei confronti con gli altri Paesi? Secondo l’Osservatorio sui conti pubblici (Ocp), tra i membri dell’Ocse e dell’Eurozona siamo quinti, dietro a Francia, Austria, Germania e Belgio. In Italia, il cuneo fiscale, ovvero la differenza tra il costo totale sostenuto dal datore di lavoro e il netto percepito dal dipendente, nel 2021 è stato pari al 46,5% (lavoratore senza figli, con uno stipendio lordo medio di 34.032 euro annui) contro una media dei Paesi dell’area euro del 41,7%.

Lavoratore e datore Nello specifico, il costo sopportato dall’azienda è di 44.779 euro, il cuneo è pari a 20.831 e il netto in busta paga 23.948 euro. A differenza degli altri Paesi europei, in Italia il peso delle tasse sul lavoro grava quasi nella stessa misura sul datore e sul dipendente. Il 24% è rappresentato dai contributi a carico del datore (10.747 euro) mentre il lavoratore sostiene un costo pari al 22,5% (10.084 euro), diviso tra Irpef (15,3%) e contributi (7,2%). Nei Paesi dell’eurozona, invece, la porzione del cuneo fiscale a carico dei dipendenti è in media del 61%, (il 39% viene sostenuto dai datori). In particolare, in Germania, Irlanda, Paesi Bassi il cuneo fiscale grava sui lavoratori rispettivamente per il 65, il 71 e il 69%. Solamente in sei Paesi su diciassette il cuneo fiscale ricade più sul datore: oltre all’Italia, dove il peso sul lavoratore è poco più del 48%, ci sono, tra gli altri, Francia (43%), Spagna (41%) e Grecia (50%).

Pensioni più ricche Da queste cifre, dunque, sembrerebbe che l’Italia sia sostanzialmente allineata con gli altri Stati europei, seppure con alcune differenze. Un’anomalia, però, emerge ad una lettura più attenta dei dati. Infatti, scrive l’Ocp, “pur registrando un costo del lavoro leggermente superiore alla media dell’eurozona, in Italia la paga netta annua di un lavoratore con stipendio lordo medio è inferiore alla media europea di circa 900 euro”. Un altro aspetto da valutare è la destinazione dei prelievi dallo stipendio. Il 67% delle trattenute, in Italia, è rappresentato da contributi previdenziali. In molti altri paesi dell’area euro, invece, le pensioni pubbliche sono relativamente basse e i dipendenti sono costretti, per assicurarsi una assegno sostanzioso, a ricorrere alla previdenza integrativa privata. Per quanto riguarda dipendenti single con uno stipendio medio, il tasso di sostituzione lordo, ovvero il rapporto tra pensione lorda e l’ultima retribuzione lorda percepita, in italia è pari al 74,6% contro una media europea del 54,4%. Anche il peso dell’Irpef sul cuneo fiscale in Italia è sopra la media dell’area dell’euro indipendentemente dal salario. Tuttavia, le imposte sul reddito sono anche molto più progressive che altrove.

Il sistema fiscale In altre parole, il sistema fiscale italiano garantisce una maggiore redistribuzione. La differenza fra le imposte sul reddito dei redditi alti (167% di quello medio) e i redditi medio bassi (67%) nel nostro Paese è la quarta più alta dopo Paesi Bassi, Irlanda e Lussemburgo. Su questo fronte, inoltre, è intervenuta la legge di Bilancio 2022 attraverso la riforma Irpef, il bonus 200 euro e l’introduzione dell’assegno unico. Con queste misure il governo ha alleggerito l’onere netto dell’Irpef e incrementato i trasferimenti alle famiglie più povere. Grazie alle novità contenute nella legge di Bilancio “il cuneo fiscale diminuirà in maggior misura per i lavoratori con redditi medio-bassi e per le famiglie”. In particolare, prosegue l’Ocp, il cuneo “passerebbe dal 41,2% al 38,6 per i lavoratori con il 67% del reddito medio; dal 37,9 al 35,4 per le famiglie con due figli e un solo reddito uguale al reddito medio; dal 40,9 al 39,2 per cento per le famiglie con due figli e con due redditi, di cui uno uguale e l’altro al 67 per cento del reddito medio”. Il peso delle tasse sui lavoratori con stipendi medi e alti, invece, diminuirà soltanto dello 0,2 e dello 0,1%, rispettivamente. Insomma, la riforma dell’Irpef e l’assegno unico costituiscono già un taglio sostanzioso del cuneo fiscale. Ma il fatto che quest’ultimo sia ancora molto elevato, dipende, secondo l’Ocp, soprattutto dal sistema pensionistico, “uno dei più generosi dell’eurozona”. Con la piena entrata a regime del metodo contributivo, però, le pensioni italiane “saranno più in linea con quelle del resto d’Europa”. “Il problema, dunque, riguarda le generazioni di mezzo, ossia quelle che pagano contributi elevati per finanziare le pensioni in essere, ma in futuro avranno pensioni notevolmente più basse”.