Crolla il mito: zero profitti per la Bundesbank

Anche la Germania fa i conti con la pandemia. Per la prima volta dal 1979, la Banca centrale non distribuirà utili al governo tedesco

Migration

di Roberto Giardina

La Bundesbank, la Banca centrale tedesca, non distribuisce interessi, e il presidente Jens Weidmann mette le mani avanti: colpa del Covid. È vero, ma non avveniva da 42 anni, dal 1979, inizio della seconda crisi provocata dal petrolio, molto più grave della prima, nel ’73, la peggiore nella storia della Repubblica Federale. L’inflazione cominciò a salire nei due anni successivi, oltre il 5%, una soglia che evoca nei tedeschi subito lo spettro di Weimar. Il Cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt decise di adottare misure deflazionistiche, con il rischio di licenziamenti. Il liberale Hans Dietrich Genscher lasciò la coalizione, e iniziò l’era di Helmut Kohl. Un ricordo che non rassicura i tedeschi, a pochi mesi dalle elezioni, il 26 settembre.

Ogni anno la Bundesbank versa in parte gli utili allo Stato, in media 2,5 miliardi, come nel 2020, su un attivo che sfiorò i sei miliardi. E il ministro delle Finanze, Olaf Scholz, aveva registrato nel bilancio preventivo del 2021 il versamento della Banca centrale. "Il rischio è troppo elevato – spiega Weidmann – la nostra esposizione è cresciuta, dobbiamo cautelarci". Il bilancio l’anno scorso è salito del 42% rispetto al 2019.

La Bundesbank ha perso la sua indipendenza con la nascita dell’euro. La Bce, si giustifica Weidmann, ha dovuto comprare più obbligazioni dei Paesi membri per sostenere le uscite provocate dal Covid. Sono saliti anche gli interessi da pagare, mentre le banche nazionali potevano rifinanziarsi a un tasso più favorevole. Perciò la BuBa, come la chiamano i tedeschi, ha preferito non versare utili, e accantonare altri 2,4 miliardi per un totale di 18,8. La Bce ha registrato tuttavia nel 2020 1,6 miliardi di utili, contro i 2,4 del 2019, che vengono distribuiti tra i 19 dell’Eurozona. Alla BuBa va la fetta più grande, il 26%.

Da sempre la politica della Bundesbank è guidata dalla prudenza e, diciamo, dal pessimismo. "Il rischio è solo in parte calcolato, è destinato inevitabilmente a salire – spiega Weidmann – per l’anno in corso prevediamo un ulteriore ammortamento, per prevenire ogni evenienza". Dopo anni di pareggio, il governo federale a causa del Covid ha dovuto sostenere l’economia, pagando l’orario ridotto di milioni di lavoratori (quasi la nostra cassa integrazione) e aiuti alle imprese fino al 70% del bilancio. Ogni mese d’emergenza costa undici miliardi di euro. Weidmann calcola che l’inflazione potrà superare il 3%, ma non a lungo, tornando intorno all’1,8 entro l’anno. L’inflazione, che rimane la preoccupazione principale della BuBa, per Weidemann è provocata in parte dalle nuove tasse ecologiche sulle emissioni di C02. E dall’aumento dell’Iva, che era stata tagliata di tre punti nella prima fase dell’epidemia. Weidmann aveva messo in avviso contro questo pericolo già due settimane fa. Il suo timore è che i produttori e gli esercenti (i ristoranti, la grande distribuzione) possano aumentare i prezzi per rifarsi delle perdite, appena si allenterà il lockdown.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro