Crisi di governo: a rischio i 19 miliardi del Pnrr. Stop anche al salario minimo

Le riforme ferme al palo. Tutto da ridefinire quello che accadrà per le pensioni: a partire da Quota 102. Resta nel limbo anche il piano di revisione fiscale, con la riduzione di Irpef e Iva

Crisi di governo, i provvedimenti a rischio

Crisi di governo, i provvedimenti a rischio

Roma, 21 luglio 2022 - Un nuovo Patto sociale, ma anche di governo, illustrato, come un vero nuovo programma da Mario Draghi nell’aula del Senato. Un’agenda che, a ben vedere, traguardava la legislatura, ma che doveva avere i suoi primi pilastri realizzati nei prossimi cinque-sei mesi. E, invece, resterà al palo. Mentre la crisi della maggioranza di unità nazionale tiene in scacco per tutta la giornata Piazza Affari, con una chiusura in calo dell’1,6%, facendo di Milano la peggiore tra le Borse del Vecchio Continente, e fa volare lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi a quota 221 punti. E questo sarà solo l’assaggio della bufera che si abbatterà sui mercati oggi.

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Il patto al macero

I capitoli-chiave indicati da Draghi riguardavano innanzitutto: rigassificatori da fare senza risparmio e senza veti (a cominciare da quello di Piombino), ma anche rinnovabili a volontà e tetto europeo al prezzo del gas per arrivare all’indipendenza dalla Russia in un anno e mezzo massimo. Pensioni flessibili, ma con il contributivo. Superbonus meno generoso, ma con i crediti alle imprese sbloccati. Riforme Pnrr a passo di carica per evitare di perdere il saldo di fine anno da 19 miliardi di euro. Taglio del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi e salario minimo versione Orlando senza mortificare la contrattazione collettiva. Reddito di cittadinanza da correggere se non funziona. E ancora: riforma del sistema dei medici di famiglia e più concorrenza per tassisti e balneari. Fino al cosiddetto decreto Agosto da 10 miliardi con aiuti a imprese e famiglie per fronteggiare il caro-energia e il caro-prezzi.

PNRR a rischio ritardi

I 55 obiettivi per fine anno, ma anche quelli da raggiungere per la primavera sono a rischio. In ballo, per ottenerli, numerosi provvedimenti: i decreti delegati della riforma del codice degli appalti da approvare entro marzo del 2023; il pacchetto concorrenza, con all’interno le liberalizzazioni per taxi e concessioni balneari, che doveva passare prima della pausa estiva; i decreti di attuazione della legge delega sulla riforma della giustizia civile, penale e tributaria da completare entro fine anno.

Fisco e taglio cuneo

Resta nel limbo la riforma fiscale, con la riduzione delle aliquote Irpef a partire dai redditi medio-bassi, il superamento dell’Irap e la sforbiciata all’Iva. Ma resta fermo ugualmente il taglio del cuneo per ridurre il carico fiscale sui lavoratori, a partire dai salari più bassi. Anche in chiave anti-inflazione.

Stop a salario minimo

Si fermano anche i lavori in corso per approvare la proposta Orlando di applicazione obbligatoria del Tec, il Trattamento economico complessivo, previsto dai "migliori" contratti settore per settore. Una misura per far crescere i salari dei lavoratori poveri, "che non veda l’imposizione, il diktat del governo sul contratto di lavoro". E nessuna correzione può scattare per il Reddito di cittadinanza "per favorire chi ha più bisogno e ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro". Perché – attacca - "è una cosa buona ma se non funziona è una cosa cattiva".

Pensioni flessibili

A questo punto è tutto da definire quello che accadrà a Quota 102 e al cantiere pensioni. Draghi aveva ipotizzato una riforma delle pensioni che garantisse meccanismi di flessibilità in uscita in un impianto sostenibile, ancorato al sistema contributivo.

Superbonus incagliato

Per Draghi si doveva puntare ad affrontare le criticità nella cessione dei crediti fiscali, riducendo al contempo la generosità dei contributi. Perché "il problema – accusa – sono i meccanismi di cessione. Chi li ha disegnati senza discrimine o discernimento? Sono loro i colpevoli di questa situazione per cui migliaia di imprese stanno aspettando i crediti. Ora bisogna riparare al malfatto e tirare fuori dai guai quelle migliaia di imprese". Ma anche questo compito non è detto che sarà attuato con il governo dimissionario.