Giovedì 18 Aprile 2024

La gelata dell'economia non è solo italiana

Rischiamo di tornare in recessione ma da Berlino a Parigi ognuni ha le sue grane

Mario Draghi (Ansa)

Mario Draghi (Ansa)

Roma, 31 luglio 2019 - Siamo ultimi o penultimi nell’Unione per crescita, disoccupazione, investimenti, livello del debito pubblico. E oggi gli analisti dell’Istat potrebbero decretare che siamo di nuovo in recessione "tecnica": in panne, sottozero. Ma, almeno nell’ultimo anno, le distanze, in negativo, si sono accorciate rispetto ai nostri principali partner del Vecchio Continente. E, anzi, da malato d’Europa più o meno isolato, siamo finiti in compagnia di altri semi-infermi. A cominciare dalla Germania, che vede frenare la sua economia ben oltre il previsto, ma anche dalla Francia, con l’impennata del suo debito a quota 100 per cento sul Pil, alla Spagna, alle prese con una disoccupazione ben più elevata della nostra e con una complicatissima partita politica, fino al Regno Unito, in preda ai sussulti della Brexit e con banche e imprese pronte a lasciare Londra. 

Insomma, come ha avvisato il numero uno della Bce, Mario Draghi, la situazione europea non è facile per nessuno. E la crisi dell’industria industria manifatturiera in Italia e in Germania è un problema per l’intera crescita dell’area euro. È di ieri, per guardare in casa nostra, la nuova fiammata dello spread (poco sotto quota 200) e la caduta della Borsa di quasi due punti. Segnali che non fanno ben sperare. Tanto che si attende per oggi una sentenza non favorevole dell’Istat per la crescita nel secondo trimestre: gli analisti si aspettano un ritorno sottozero, a – 0,1, con il rischio di scombussolare i conti sul 2019 e, in assenza di un miglioramento nella seconda metà dell’anno, impattare anche sulla manovra 2020. Con la possibilità concreta di una nuova recessione tecnica, che sommata a quella di fine 2018 andrebbe a configurare una recessione a «doppia v». E il rallentamento del Pil italiano rischia, secondo i numeri del rapporto Abi-Cerved, di frenare il percorso virtuoso delle nuove sofferenze bancarie visto negli ultimi anni.

Ma se gli stimoli del Decreto Crescita non funzionano, è altrettanto vero che l’Italia è dentro una gelata che ha stoppato il manifatturiero tedesco e frenato anche la Francia (+0,2%, sotto le attese, il Pil nel secondo trimestre). Tant’è che se la crescita prevista dell’Italia per l’anno venturo resta la metà di quella attesa per l’Eurozona (+1,4% nel 2020) e il nostro Paese rimane l’unico ad avere una crescita economica attesa inferiore all’1% nel 2020, la stessa Germania, però, che quest’anno dovrebbe crescere dello 0,5%, nel 2020 è vista a +1,4%, ma la stima è sempre più considerata ottimistica, come lo sono quelle della Francia (+1,3% nel 2019 e +1,4% nel 2020), e della Spagna (+2,3% nel 2019 e +1,9% nel 2020). Il Regno Unito, pur alle prese con la Brexit e le relative incertezze, dovrebbe crescere dell’1,3% sia quest’anno che l’anno prossimo. A differenza degli altri Paesi, però, l’instabilità del governo italiano potrebbe rendere più accentuata la differenza. "La preoccupazione principale è che la stagnazione diventi un elemento che accettiamo in chiave passiva anziché reagire", insiste presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia.  

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