Martedì 23 Aprile 2024

Crediti tossici Una mina da disinnescare

Bruno

Villois

I dati sui contagi stanno crescendo in via esponenziale e l’economia si avvicina a una crisi mondiale senza precedenti. In Europa, dopo i primi segnali di ripresa a inizio ottobre, si rischia il tracollo. A subirne il contraccolpo più duro saremo noi. La fragilità patrimoniale della maggioranza delle imprese e delle banche può determinare un vero sconquasso socio-economico. I famigerati crediti deteriorati (Npl), in caso di un’altra frenata dell’economia, potrebbero moltiplicarsi come nel 2009, ai tempi della crisi sistemica: il nostro sistema bancario ci ha messo 7 anni per riportarli a livello fisiologico. Oggi il settore del credito ha un rapporto patrimonio-crediti più che accettabile, ma una sola grande banca – Intesa Sanpaolo – dotata di un assetto patrimoniale di prima grandezza a livello europeo, sarebbe in condizioni di reggere un maxi urto, tipo un raddoppio dell’attuale peso degli Npl, che ad oggi vale 30 miliardi di euro. Gli altri principali istituti dovrebbero correre ai ripari, con ripatrimonializzazioni che si tradurrebbero in rientri accelerati di esposizioni. Evitare un simile scenario sarà difficile, sia a causa delle norme imposte dai regolatori europei sulle esposizioni bancarie comparate all’assetto patrimoniale dei singoli istituti, sia per la carenza di capitale proprio della maggioranza delle imprese di ogni tipo. In questo quadro di incertezza, non ci si può aspettare che azionisti e soci capitalizzino le proprie aziende, se non con una detrazione integrale dalle tasse di quanto conferito in capitale. Fondamentale che governo e politica concentrino la propria attenzione sul rischio crediti, assumendo, in tempi brevissimi, decisioni che lo depotenzino o, meglio ancora, lo annullino. Un regime fiscale accomodante sembra essere l’unica strada per aumentare i mezzi propri delle imprese.

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