Martedì 16 Aprile 2024

Corruzione percepita, Italia al 42esimo posto al mondo

Secondo Transparency International, il nostro Paese si colloca 17esimo in Europa con un punteggio di 56

Corruzione (archivio)

Corruzione (archivio)

Milano, 31 maggio 2022 - L’Italia risale la classifica sulla corruzione percepita stilata da Transparency International. Nel 2021, il nostro Paese ha guadagnato dieci posizioni sull’anno prima, arrivando al 42esimo posto su 180. Con un punteggio di 56, l’Italia si colloca 17esima tra gli Stati membri dell’Unione europea. Seppure in risalita di tre punti sul 2020, il nostro Paese rimane ancora al di sotto della media europea (64). Ci avviciniamo però alla Spagna (61) mentre la distanza con Francia e Germania è ancora elevata. I due Paesi infatti registrano un punteggio di 71 e 80, rispettivamente. L’indice calcolato da Transparency International va da 0 a 100 ed è basato su 13 sondaggi condotti da diverse istituzioni, come la Banca Mondiale. Valori maggiori esprimono un grado minore di corruzione. I risultati migliori sono raggiunti da Danimarca e Finlandia (88 punti) mentre i peggiori da Romania (45), Ungheria (43) e Bulgaria (42).

L'impatto delle leggi italiane

La buona performance dell’Italia è legata soprattutto alle norme contro la corruzione introdotte negli ultimi anni. Secondo la presidente di Transparency International Italia, Iole Savini, a influire sono state soprattutto la legge Severino - che prevede l’incandidabilità e la decadenza automatica per parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali e sindaci che subiscono una condanna -, l’istituzione dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) e la legge sul whistleblowing del 2017, che tutela i dipendenti, pubblici e privati, che denunciano casi di corruzione. Certo, l’indice calcolato da Transparency non è esente da critiche. Anche perché misurare la corruzione percepita è piuttosto complicato. Come sottolinea una nota dell’Osservatorio sui conti pubblici, tali indici "corrono il rischio di rappresentare un paese più corrotto di quello che è realmente”.

Innanzitutto perché riflettono valutazioni soggettive che possono essere influenzate dai media. E poi perché "l’intervistato potrebbe rispondere con riferimento a ciò che ritiene essere la risposta esatta piuttosto che quella ritenuta da lui vera". Insomma, bisogna fare attenzione a dare troppo peso a queste misure. Tuttavia, al netto di questi problemi, prosegue la nota dell’Ocp, "i risultati del 2021 mostrano come l’Italia stia proseguendo il suo percorso di miglioramento della corruzione percepita, anche se il gap con i paesi più virtuosi è ancora ampio".

Il Global Corruption Barometer

C’è anche un’altra rilevazione di Transparency International che può essere utile per valutare i confini del fenomeno della corruzione: il "Global Corruption Barometer 2021", un sondaggio al quale hanno partecipato circa 1500 italiani. Tuttavia, questo studio si riferisce al 2020 e non può essere confrontato con l’indice sulla corruzione percepita. Inoltre, non riproduce indici sintetici ma riporta solo risposte a specifiche domande. L’interesse, però, risiede nel fatto che il "Global Corruption Barometer 2021" riguarda anche l’esperienza diretta della corruzione e non solo la percezione. Su quest’ultimo aspetto, il 34% degli intervistati ritiene che la corruzione sia aumentata tra il 2019 e il 2020, mentre il 60% dichiara di temere per la propria incolumità in caso di denuncia di episodi corruttivi. Ma a sorprendere è un altro dato. Solo il 3% degli intervistati ammette di aver pagato tangenti in cambio di un servizio pubblico negli ultimi dodici mesi, contro una media europea del 7%. Va ricordato, però, che la media Ue è annacquata dai valori elevati registrati nei Paesi dell’Europa dell’Est.

Il dato italiano è comunque migliore di quello francese (5%) e uguale a quello tedesco (3%). Tuttavia, anche questo indice presenta dei difetti. Pagare una tangente per ottenere un servizio, infatti, è soltanto una delle varie forme di corruzione. E, secondo l’Ocp, non è neanche quella più diffusa in Italia, dove, ad esempio, le mazzette sono utilizzate spesso per vincere gli appalti pubblici. Infine, c’è un altro aspetto che viene approfondito da Transaprency International: il clientelismo. Il 30% degli italiani intervistati, infatti, dichiara di aver approfittato di legami personali per ottenere benefici e servizi. Seppure in linea con la media Ue (33%), la percentuale è inferiore a quella registrata in Francia e Spagna (48 e 40%, rispettivamente) e maggiore che in Germania (21%). Le connessioni personali sono particolarmente sfruttate in Italia per quanto riguarda la Sanità (29%), la polizia (24%), la scuola pubblica (23%), i servizi per l’erogazione di benefici di sicurezza sociale (22%) e quelli per richiedere documenti (21%).