Venerdì 20 Giugno 2025
RAFFAELE MARMO
Economia

I conti in salute fanno bene a tutti gli italiani

Che errore dividersi sul rating

Un trader

Un trader

Roma, 25 maggio 2025 – Nella tormenta che avvolge il mondo e lo smuove sottosopra, alimentata da ultimo dalle improvvide mosse di Donald Trump sui dazi (e non solo), che l’Italia riceva in pochi mesi la conferma del suo “valore” sui mercati o addirittura il miglioramento del giudizio da parte delle tre principali agenzie internazionali di rating dovrebbe essere motivo di soddisfazione per tutti. Eppure, anche in questa occasione, si è costretti a constatare come l’opposizione di oggi (ma anche quella di ieri non era da meno) abbia più a cuore la propaganda e la polemica quotidiane con il governo che non la consapevolezza dell’interesse nazionale. È sicuramente nell’interesse del nostro Paese che anche gli analisti di Moody’s, così come nei mesi scorsi quelli di S&P e Fitch, ritengano “positive” le prospettive del bilancio pubblico italiano per come è gestito, anche grazie a quella che definiscono stabilità di governo, e considerino solide le banche italiane, evidentemente per come sono condotte. A maggior ragione se guardiamo a tanti passaggi negativi di questi ultimi decenni. Non si tratta, come abbiamo sperimentato a nostre spese in altre situazioni, di verdetti fini a se stessi o solo di medaglie di cui si può fregiare il governo in carica. Al contrario, i giudizi favorevoli sul rating si traducono in una migliore affidabilità dello Stato sui mercati e minori costi del debito pubblico che per noi e i nostri figli è “il” problema-chiave. Ora, se si spende di meno in interessi, si liberano risorse pubbliche per altri capitoli decisivi: meno interessi vuol dire più possibilità di spesa per il welfare, per la sanità, per la riduzione delle tasse sul lavoro e sull’impresa. Che senso ha, allora, contrapporre ai giudizi positivi sulla tenuta dei conti pubblici l’emergenza salari (alla quale, come giornale, dedichiamo ampio spazio con significativa e costante attenzione), lasciando intendere in maniera fuorviante che quest’ultima sia il frutto della gestione “prudente” delle casse dello Stato, quando sappiamo bene quanto hanno perso (e quanti sacrifici sono stati costretti a fare) lavoratori, famiglie e imprese in presenza di amministrazioni più “allegre”?