Roma, 19 maggio 2025 - È attesa una frenata dell’economia italiana. Lo conferma l’analisi condotta dal centro studi di ‘Confindustria Congiuntura Flash’. Se nel 1° trimestre del 2025 il Pil dello Stivale è cresciuto più del previsto (+0,3%), con l’industria che ha interrotto il suo lungo calo, nel secondo trimestre il quadro si è ribaltato.
Con l’ascesa del secondo mandato di Donald Trump alla Casa Bianca e le sue dichiarazioni altalenanti sui dazi è cresciuta l’incertezza e la fiducia si è abbassata frenando principalmente export e investimenti. Tuttavia, alle minori attese di crescita consegue la riduzione del prezzo dell’energia, agevolando il taglio dei tassi in Europa.

Prezzi energetici in calo
Le minori attese di crescita riducono il prezzo dell’energia, agevolando il taglio dei tassi in Europa. Il prezzo del gas in Europa (Ttf) continua a scendere: 33 €/mwh a maggio, da 50 a febbraio, restando comunque ben sopra i livelli del 2019 (14 in media); in ribasso, perciò, anche l’elettricità (Pun): 88 €/mwh a maggio, da 150 a febbraio. Anche il prezzo del petrolio è in calo a riflesso delle attese di frenata della domanda globale: 62 $/barile a maggio da 76 a febbraio.
L’inflazione, negli Usa +2,3% ad aprile, è poco più bassa nell’Eurozona (+2,2%) dove l’analisi del centro studi di Confindustria prevede un calo per il ribasso energetico e il rafforzamento dell’euro. Ciò significa che la Bce proseguirà con i tagli dei tassi nel 2025 (già a 2,25%), mentre la Fed potrebbe restare in attesa, con tassi fermi a 4,50%. Questo stimolerà il credito per le imprese italiane (-1,1% annuo a marzo).
Servizi ad andamento incerto
Si respira un clima di profonda incertezza anche per quanto riguarda l’andamento dei servizi. Segno negativo per le indicazioni di Rtt servizi (Csc-TeamSystem) con fatturato in calo nel primo semestre, mentre il turismo prosegue la crescita nei primi mesi del 2025 /+6,7 annuo a febbraio la spesa di stranieri). Per il secondo trimestre, l’Hcob-Pmi continua a indicare moderata espansione (52,9 in aprile, da 52,0), ma la fiducia delle imprese è ulteriormente caduta, per la flessione degli ordini.
Industria a rischio dazi
Sull’industria pende la spada di Damocle dei dazi. Si registrano infatti i primi segnali negativi dopo una mezza stagione florida che ha segnato a marzo un incremento della produzione (+0,1%) e ha chiuso il 1° trimestre in recupero (+0,4%) dopo 5 trimestri in calo (anche se Rtt indica minor fatturato).
I primi dati di aprile, post-dazi, sono misti: il Pmi segnala che la flessione si è quasi esaurita (49,3 da 46,6), ma la fiducia scende per il secondo mese di fila su valori bassi.
In Spagna boom dell’economia
La Spagna ha un livello del Pil ancora distante dall’Italia (580 miliardi di euro in meno), ma registra da anni una maggior crescita. Nel 2014-2019 in media +1,6% annuo, il doppio dell’Italia (+0,8%). Dopo la caduta del 2020, la Spagna ha recuperato i livelli di Pil già nel 2021-2022 e poi ha mostrato una robusta espansione: +2,7% nel 2023, +3,2% nel 2024, molto superiore a quella italiana (+0,7% all’anno).
Dal lato della domanda, nel 2024 la crescita è stata trainata dai consumi (+2,9%) soprattutto di servizi e dagli investimenti (+3,0%). Anche l’export e l’import sono cresciuti a ritmi simili (+3,1% e +2,4%), per cui il loro contributo netto annuo al PIL è risultato quasi nullo.
Dal lato dell’offerta, nel 2024 sono cresciuti tutti i settori. L’industria di +2,7% (in termini di VA), in controtendenza rispetto agli altri paesi europei, le costruzioni di +2,1%. I servizi molto di più (+3,9%), specie gli immobiliari (+5,9%), ma pure i professionali (+4,2%). L’immigrazione in Spagna (che alza la popolazione) ha contribuito per buona parte all’aumento di occupati generato dalla robusta crescita.
Spinge anche la politica fiscale. Nel 2024 il deficit pubblico della Spagna si è ridotto al 3,2% del PIL (3,5% nel 2023) e il debito è in netto calo (101,8%, da 105,3%), grazie proprio alla forte crescita del Pil che ha alzato il denominatore. Nel 2025 la politica fiscale della Spagna si configura come espansiva, mirando a sostenere la crescita economica, grazie anche al Pnrr, pur mantenendo l'obiettivo di consolidamento dei conti pubblici.
Eurozona: frenata in vista
L’Eurozona aveva fatto registrare segnali positivi nel primo trimestre del 2025 con una crescita del +0,3%. In questo contesto la Spagna si classificava in testa (+0,6%), seguita da Germania (+0,2%) e Francia (+0,1%). Nell’industria, la Germania ha registrato un forte recupero (+1,7% nel 1°), mentre Francia e Spagna hanno subito una forte battuta d'arresto che le ha rese quasi immobili. Ad aprile, i Pmi manifatturieri sono rimasti tutti sotto la soglia di espansione, anche se Germania e Francia hanno tentato la risalita. In calo la Spagna. I Pmi suggeriscono anche una frenata nei servizi e un deterioramento del clima di fiducia.
Usa: cala il Pil, l’economia regge
Cala il Pil degli Stati Uniti d’America ma l’economia regge. Nel primo trimestre infatti il Prodotto Interno Lordo è sceso di -0,1%, come risultato di una frenata dei consumi (+0,3% il contributo, da +0,7%), una tenuta degli investimenti (+0,3%), una forte accumulazione di scorte (+0,6%) e un brusco calo della domanda estera netta (-1,2%) e anche della spesa pubblica (-0,1%). In aprile, buona la dinamica della produzione industriale (+0,2% atteso, dopo +1,4% nel 1° trimestre) e degli occupati (+177 mila unità, oltre la soglia espansiva).
Cresce la Cina
La Cina ha registrato una crescita nel primo trimestre (+5,4%), sulla spinta di manifattura e costruzioni. Con l’industria trainata dalle esportazioni, anche grazie alle spedizioni anticipate per i dazi Usa. In aprile, l’export è ancora in crescita (+8,1% annuo) e il Pmi manifatturiero resta in territorio positivo per il settimo mese (50,4), seppure in frenata. Tale rallentamento è legato al calo degli ordini esteri e della fiducia delle imprese.
Ma l’allentamento per 90 giorni delle barriere con gli Usa potrebbe mantenere la dinamicità dell’export cinese nel secondo trimestre 2025. Segnali positivi pure dalla domanda interna (+4,6% annuo le vendite al dettaglio nel 1°), grazie alle ingenti misure pubbliche di stimolo.