Mercoledì 24 Aprile 2024

Commercio ambulante e vendita all'ingrosso: quanto incide la crisi

Dopo quella della pandemia, la nuova crisi in corso desta proccupazione sia per i costi energetici in aumento sia per l'inflazione e il caro benzina

Roma, 29 ottobre 2022 - Il commercio ambulante, la cui origine si perde nella notte dei tempi, ha come prerogativa il fatto di unire socialità e commercio. Nei secoli gli operatori ambulanti sono stati promotori di scambi culturali, di conoscenze e spettatori di profondi cambiamenti. Anche negativi, proprio come quello attuale. Inflazione, caro benzina e crisi, ricadono anche su questo settore, comportando un impoverimento degli stessi mercati. Come conseguenza, la qualità dei prodotti offerti si è abbassata e le piazze iniziano a svuotarsi.

Il commercio ambulante: crisi e impoverimento dell’offerta

“La crisi in atto sta determinando un forte senso di preoccupazione", spiega Maurizio Innocenti, Presidente di Anva Confesercenti, Associazione nazionale su aree pubbliche. “Non c’è certezza di lavoro, nessuno si è visto rinnovare le concessioni. E questo va avanti da 12 anni. In aggiunta, il caro benzina ha fatto rivalutare le distanze. Gli operatori non vanno più in mercati lontani dalla propria residenza e così diminuisce il loro profitto”. Solo l’ultima stangata dopo il lockdown, che già aveva cambiato le abitudini degli utenti del mercato. “Con la pandemia le persone hanno iniziato a farsi consegnare la spesa a casa. Una volta si aspettava il mercato settimanale per fare il carico della settimana, ora non più. Stiamo ipotizzando la creazione di una piattaforma, ma significa rinunciare a una componente essenziale del mercato: la socialità”, spiega Innocenti. Tra le bancarelle il cui andamento è più stabile quelle alimentari. Il fashion, invece, perde in qualità e in profitto. “Il mercato si è allineato sul basso costo, invece di mantenere una via di mezzo. La media qualità era, una volta, la forza del mercato, a metà tra ciò che si trovava in boutique e al supermercato. Ora si trovano tante bancarelle a 0,50 centesimi o 1 euro”.

Il mercato degli ambulanti ha determinato nel 2021 un introito dell’11% ma le stime prevedono una decrescita. Si prevede anche un calo degli operatori, che già negli ultimi 10 anni sono passati da 220mila a 170mila. Tra i mercati il cui andamento continua a segnare un andamento positivo, nonostante il momento di crisi, ci sono le fiere, che sono eventi annuali e che, per la loro occasionalità, attirano ancora molti clienti e i mercati lungo mare, che sono però molto legati alla stagionalità. Si tratta comunque solo di una piccola percentuale positiva rispetto a quello che è l’andamento generale “Il vicino futuro non viene visto con molta speranza. Ripensiamo pure tutti i mercati, ma è vivo il timore. Per stare al passo con la crisi, Il mercato va riqualificato”.

Un mercato ambulante
Un mercato ambulante

Gli ingrossi e il mercato energivoro

Tra consumatori e punti vendita c’è un terzo protagonista che garantisce al cliente di acquistare alimenti in tutti i punti vendita: i mercati all’ingrosso. Sono loro a consegnare la merce ai negozi del vicinato, ai mercati e agli ipermercati. La loro mansione è quella di acquistare beni da un distributore o da un produttore, per poi rivenderli a un’utente finale. “Non abbiamo un diretto rapporto con consumatori, ma siamo gli intermediari tra loro e i punti vendita” spiega Valentino di Pisa, Presidente nazionale di Fedagromercati, ossia la federazione nazionale degli operatori grossisti dei Mercati ortofrutticoli all’ingrosso e dei Centri agroalimentari.

Anche il settore, seppur legato a beni essenziali come l’alimentazione, mostra gli effetti della crisi in atto: “Il mercato ortofrutticolo ha avuto un calo del 6% a cui si aggiungono inflazione e caro energia: Il nostro settore è altamente energivoro, infatti stiamo facendo fatica a quadrare i costi energetici, che sono aumentati del 350%” spiega di Pisa. A questo si aggiunge il problema di vendere prodotti, come frutta e verdura, il cui deperimento è rapido. “Siamo in una posizione particolare perché non ci possiamo permettere di alzare troppo i costi, o nessuno comprerebbe nulla e le materie prime resterebbero invendute”, afferma il presidente di Fedagromercati. Anche il caro benzina mette in crisi il settore, avendo determinato un aumento fra il 10% ed il 20% sui costi di trasporti. “Siamo preoccupati perché stiamo vivendo un momento economico drammatico. Eravamo usciti indenni dalla pandemia, ma la crisi attuale è altamente incisiva, perché il nostro settore dipende fortemente dall’energia. Pensiamo che serva un supporto che non sia solo spot, ma che sia strutturale. Una soluzione potrebbe essere quella di rimuovere l’iva sui prodotti alimentari”, conclude Valentino di Pisa.