Giovedì 18 Aprile 2024

Come incide l’inflazione sulla spesa

Ecco come le abitudini degli italiani stanno cambiando a causa dell'inflazione

Spesa e infalzione: ecco cosa sta succedendo nelle case di molti italiani

Spesa e infalzione: ecco cosa sta succedendo nelle case di molti italiani

L’inflazione sta cambiando le abitudini di molti italiani che, andando a fare la spesa, si trovano a fronteggiare costanti aumenti del prezzo dei beni di consumo. La crisi energetica, a cui purtroppo si è aggiunta la crisi idrica, ha fortemente contribuito all’aumento dei costi di produzione e distribuzione, che inevitabilmente incidono sul prezzo finale dei generi alimentari e non solo.

I rincari sempre più consistenti hanno interessato gli oli di semi - nei mesi scorsi addirittura contingentati in alcune catene di supermercati - e beni di consumo come il latte, il burro, la farina, la pasta, il riso, la frutta e la verdura.

I dati dell’inflazione e i consumi degli Italiani

L’inflazione morde e molti italiani riducono i consumi. Secondo recenti dati dell’Istat, i generi alimentari sono aumentati dell’11,4%, ma è impossibile non accorgersi che in alcuni casi la percentuale è molto più alta. Alimenti di prima necessità e prodotti di consumo quotidiano hanno subìto rincari tali da indurre i consumatori a cambiare abitudini.

Secondo Coldiretti: il 51% degli Italiani ha ridotto il budget destinato alla spesa e, se il 31% dei consumatori sembra non aver modificato le proprie abitudini in fatto di acquisti, una percentuale consistente - si parla del 18% - ha cominciato a optare per prodotti a basso costo, spesso rinunciando alla qualità.Al momento sembra che, in media, la spesa degli Italiani per l’acquisto di beni alimentari sia aumentata di circa 650,00 euro. Ma si spende di più, per acquistare di meno.

Il valore della filiera alimentare e le ripercussioni dell’inflazione

È di 575 miliardi il valore della filiera dell'agroalimentare, dato che contribuisce per circa un quarto al prodotto interno lordo italiano. Considerato un fiore all'occhiello del Made in Italy, questo settore è di primaria importanza per l’economia italiana e per il prestigio del paese. È facile, quindi, intuire quanto l’inflazione e il conseguente calo dei consumi influiscano negativamente su tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione.

Sono circa quattro milioni i lavoratori, 740mila le aziende, 70mila le industrie alimentari e 560mila le attività commerciali - tra ristorazione e punti vendita al dettaglio - ad essere messe a dura prova, o comunque in difficoltà, dall’inflazione causata dalla crisi energetica e dalla speculazione.Il prezzo dei concimi è aumentato del 170%, quello dei mangimi del 90%; si parla di un rincaro del 129% per quanto riguarda il prezzo del gasolio, mentre è addirittura quintuplicato il costo dell’energia necessaria per irrigare i campi. La grave crisi idrica che ha colpito l’Italia la scorsa estate - e che non si è del tutto risolta - ha peggiorato sensibilmente la, già difficile, situazione di chi opera nel settore. Il prezzo da pagare è esposto sugli scaffali dei negozi e dei supermercati, ma non mancano i sono settori che, nonostante i rincari, non riescono a coprire le spese di produzione.

Famiglie sempre più in difficoltà

Coldiretti dichiara che il carovita sta mettendo in grave difficoltà un numero sempre maggiore di persone, le quali si stanno trovando per la prima volta nella condizione di dover rinunciare all’acquisto del cibo per pagare le bollette. La richiesta di pacchi alimentari sta quindi aumentando e, a chiederli, sono anche persone che hanno un’occupazione e che, fino a pochi mesi fa, mai avrebbero pensato di dover chiedere aiuto ad associazioni no profit.,

Le strategie adottate dalle catene e dai grandi marchi per non perdere i clienti

L’inflazione non preoccupa solo i consumatori. Il calo dei consumi e la modifica delle abitudini degli acquirenti preoccupa le catene di distribuzione e i grandi marchi, che studiano come limitare la perdita di clienti e il calo degli acquisti.

Se gli Italiani vanno in cerca dei prezzi più convenienti, sfogliando volantini e confrontando le offerte delle varie catene, talvolta rinunciando ai vantaggi dell’accumolo dei punti delle tessere fedeltà, la grande distribuzione cerca di arginare il calo di acquisti differenziando le promozioni, che forse non sono mai state così numerose. Sconti, prodotti sotto costo, promozioni basate sul “più compri meno paghi”, raccolte punti e buoni spesa sono i metodi più comuni per limitare i danni dell’inflazione.

I grandi marchi non stanno a guardare: la preoccupazione di perdere acquirenti - comprensibilmente orientati verso prodotti dai costi più vantaggiosi, ma magari dal packaging meno accattivante - sta portando alcune aziende a rimborsare l’acquisto di alcuni prodotti con un buono dello stesso importo speso per acquistarli o a ricorrere alla vecchia e nota offerta del “soddisfatti o rimborsati”.

Trasparenza e comunicazione

Fidelizzare i clienti è diventato fondamentale e, secondo alcune ricerche, le aziende che stanno soffrendo di meno sono quelle che già da tempo hanno adottato politiche trasparenti sulla sostenibilità. Sembra, infatti, che i clienti attenti a determinate tematiche siano quelli meno disposti a rinunciare ai propri prodotti preferiti. I consumatori preferiscono un’azienda che spieghi loro il motivo degli aumenti, e che dimostri che i costi di produzione e distribuzione non sono stati scaricati sul cliente finale a favore del profitto.

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