COLLABORATORI COME DIPENDENTI

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AUTONOMIA o subordinazione, il dibattito si fa sempre più stringente quando a venire in considerazione è la posizione di tutti quei lavoratori che svolgono prestazioni al confine tra un’autonomia vera e propria (liberi professionisti) e una invece, parzialmente o totalmente coordinata da un committente che prende sempre più le vesti di un vero e proprio datore di lavoro. Recentemente, il Tribunale di Roma - - come già avvenuto da parte del Tribunale e della Corte di Appello di Torino sulla nota vicenda dei riders di Foodora - ha stabilito (in un caso riguardante questa volta attività di call center) che nel nostro ordinamento esisterebbero due forme di collaborazione autonoma: la prima genuina, caratterizzata dalla piena autonomia da parte del collaboratore nella gestione della propria prestazione (con assenza di vincoli di orario, senza postazione fissa e senza puntuale coordinamento da parte del committente) e la seconda caratterizzata da collaborazioni organizzate dal committente, caratterizzate dalla puntuale organizzazione della prestazione per tempi, spazi e orari. In questo secondo caso si determina per legge l’obbligo per il committente di applicare la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, con tutte le possibili conseguenze in termini di applicazione ad esempio delle norme riguardanti la retribuzione diretta oppure differita (TFR), le disposizioni in materia di orario di lavoro, pause, ferie e permessi, ma in teoria anche le disposizioni in materia di licenziamento. La legge stabilisce che la disciplina del rapporto di lavoro subordinato non si applica solo in alcune ipotesi indicate tassativamente, tra cui quella decisa recentemente proprio dal Tribunale di Roma, ossia quando pur presentando tutte le caratteristiche evidenziate di puntuale organizzazione della prestazione da parte del committente, il rapporto sia tuttavia già regolato da un contratto collettivo (come nel caso, appunto, dei call center). Ma si tratta di casi limite che non lasciano tranquilli sulle possibili conseguenze che dovessero derivare per tutte quelle collaborazioni autonome che prevedano un più o meno marcato coordinamento da parte della committenza (quasi sempre). La possibile conseguenza di tale deriva da parte della giurisprudenza è che ormai tutte le forme di collaborazione a forte coordinamento sono potenzialmente a rischio di subire la ricaduta degli effetti del lavoro subordinato. Ogni rapporto di lavoro autonomo organizzato in modo “forte” ovvero etero organizzato dal committente potrebbe vedersi applicato tutta la normativa del rapporto di lavoro subordinato. Conseguenze rilevanti che le aziende farebbero bene a tenere attentamente in considerazione.

(*) Founding Partner LABLAW Studio

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