
Cgil: "Oltre sei milioni di italiani con mille euro al mese"
Roma, 25 maggio 2025 - Oltre sei milioni di lavoratori arrivano a malapena a mille euro mensili di stipendio. È solo uno dei numeri della questione salariale italiana: è quello, però, che individua la platea del lavoro “povero”, per la quale l’essere occupati e il percepire uno stipendio non rappresentano più lo scudo contro il rischio povertà. Una condizione economica e sociale che deriva da part-time involontario, contratti a tempo determinato senza successive assunzioni stabili o rinnovi, applicazione di contratti collettivi con minimi orari bassissimi.
Ma se il risultato delle cause accennate è quello dei sei milioni di lavoratori sottopagati (oltre 6,2 milioni di lavoratori hanno percepito meno di 15mila euro lordi, il 35,7 per cento del totale), la radiografia aggiornata dei salari in Italia messa a punto dalla Cgil finisce per diventare la mappa di uno stato di cose che indica un problema rilevante di tenuta del potere d’acquisto dei redditi dei dipendenti nel nostro Paese. Nel 2023 circa 10,9 milioni di lavoratori del settore privato, esclusi i domestici e gli operai agricoli, pari al 62,7% del totale (65 nel 2022), hanno avuto una retribuzione lorda annuale inferiore a 25mila euro lordi, mentre la media delle retribuzioni per il settore privato è stata di 23,7 mila euro. Lo studio guarda ai lavoratori privati che hanno avuto almeno una giornata lavorativa nell’anno (17,4 milioni) e tiene e conto quindi anche di quelli che hanno lavorato solo per un periodo dell’anno o che lo hanno fatto part-time. La media delle giornate lavorate nell’anno è di 246. Per i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato (compresi i part-time) la media dei salari lordi è di 28.540 euro mentre per quelli con contratti a termine, sempre comprendendo i part-time, lo stipendio lordo medio è stato di 10.302 euro. I lavoratori full-time (compresi sia quelli con contratto stabile sia quelli con un rapporto a termine) hanno avuto uno stipendio medio di 29.508 euro mentre quelli part-time di 11.782 euro.
Dalla Cgil si segnala, nello specifico, che i lavoratori che cumulano le due condizioni (a termine e part-time) subiscono una doppia penalizzazione che ne abbassa ulteriormente il salario lordo annuale medio (7,1 mila euro). “Il part-time e i contratti a termine, unitamente alla forte discontinuità lavorativa – si puntualizza – determinano un complessivo abbassamento del salario lordo annuale medio”.
All’origine dei bassi salari c’è anche o soprattutto il nodo della bassa retribuzione oraria. Nel settore privato, esclusi i domestici e gli operai agricoli, circa 2,8 milioni di lavoratori dipendenti hanno una retribuzione oraria inferiore a 9,5 euro. Escludendo i circa 400 mila lavoratori e lavoratrici che nel mese preso in considerazione (ottobre 2023) erano in maternità, malattia, cassa integrazione e per i quali le basse retribuzioni sono determinate da queste condizioni, ci sono circa 2,4 milioni di dipendenti con una condizione strutturale di retribuzione oraria inferiore ai 9,5 euro. Tra questi ci sono soprattutto apprendisti, lavoratori con contratti a termine, occupati nelle piccole imprese. E, allo stesso modo, i lavoratori a tempo parziale e gli stranieri hanno un’incidenza nettamente maggiore nei primi due decili rispetto al totale dei dipendenti.