Martedì 23 Aprile 2024

I disoccupati snobbano i centri per l'impiego

Solo uno su cinque cerca lavoro così. Gli altri preferiscono rivolgersi ad amici e parenti

In fila per chiedere il reddito di cittadinanza (Ansa)

In fila per chiedere il reddito di cittadinanza (Ansa)

Roma, 18 marzo 2019 - Altro che centri per l’impiego. La segnalazione, il suggerimento, il consiglio di amici e parenti, come anche la più classica raccomandazione, rimangono le vie principali per conquistarsi un lavoro. Solo un disoccupato su 5, a fine 2018, si rivolge ad un centro per l’impiego pubblico per cercare un’opportunità occupazionale, mentre la stragrande maggioranza continua a utilizzare i canali informali. A certificarlo i dati dell’Istat del quarto trimestre dello scorso anno, che indicano un calo di 4,5 punti del ricorso alle strutture dedicate rispetto allo stesso periodo del 2017: la percentuale più bassa (al 20,8 per cento) dall’inizio delle nuove serie storiche (2004) dell’Istituto di statistica. Mentre aumenta la quota (fino all’85 per cento) di coloro che puntano su famiglia e conoscenti per riuscire ad agganciare un’occasione lavorativa. Una tendenza, che assegna all’Italia il primato europeo e che trova conferma anche in un’indagine dell’Eurispes, che vede addirittura più di 7 genitori su 10 considerare questo metodo accettabile anche sul piano etico: insomma, domandare ad amici, parenti e conoscenti, ma anche a politici, di darsi da fare per i propri figli non è considerato disdicevole da una rilevante maggioranza di padri e madri.

A fine 2018 su 2,8 milioni di disoccupati registrati solo 585.000 sono entrati in un centro per l’impiego pubblico (il 20,8%), mentre 2,38 milioni si sono rivolti a amici, parenti e conoscenti (l’85% del totale, in crescita sull’83,3% di un anno prima e sul 75,8 del quarto trimestre 2004). In sostanza, solo uno su cinque punta sui servizi per il lavoro dello Stato e delle regioni. Alle agenzie private per il lavoro, invece, si indirizza l’11,2 per cento, mentre solo il 2,3% ha affrontato prove per un concorso (era il 2,4% l’anno prima).

A livello europeo, tocca all’Italia, dunque, il primato del passa parola tra amici e conoscenti o della raccomandazione nella ricerca del lavoro: in Germania siamo al 38,1% e nel Regno Unito al 45,1%, mentre la Francia raggiunge il 61,9%. Chi, invece, cerca lavoro bussando a un ufficio pubblico è in Germania al 73,4%, in Francia al 55,7%, nel Regno Unito è al 33,9%. La realtà italiana è anche o principalmente figlia dell’inefficienza dei servizi pubblici per il lavoro, che il Jobs Act doveva rilanciare ma che, almeno per il momento, sono rimasti al palo: ora, però, farli decollare, come osserva Nunzia Catalfo, presidente della Commissione Lavoro del Senato, "è uno degli obiettivi" dell’operazione Reddito di cittadinanza. Peccato, però, che dei 6 mila annunciati navigator da assumere, ne sono rimasti in ballo 3 mila e solo dal 2020.

Le Pubbliche amministrazioni (Regioni in testa) fanno anche di tutto per frenare, con lacci e lacciuoli burocratici, l’attività delle agenzie private per il lavoro. Sebbene, anche in questo caso, i numeri lascino poco scampo. In media ogni addetto delle agenzie per il lavoro riesce a trovare un’opportunità di impiego in un anno a 43 persone rispetto alle quattro di ogni dipendente dei centri per l’impiego.

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