Bonus e cessioni del credito, cosa succede se le detrazioni sono più delle tasse da pagare

I rischi per proprietari e imprese in caso non si riesca a compensare il credito con le tasse

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Troppi bonus, ma le cessioni del credito sono al palo e le tasse da pagare non sono sufficienti a compensare le detrazioni accumulate. Per i proprietari che affittano, la cedolare secca al 21% non è più appetibile, anche perché con l'inflazione che corre si preferisce aggiornare il canone di locazione (cosa che non può avvenire se si opta per la cedolare secca) e così facendo anche ingrossare l'importo Irpef da pagare (e da compensare con i bonus). Ma è davvero così? Ci viene in aiuto un esperto in materia, il commercialista Damiano Cesa Bianchi, dello studio Cesa Bianchi&Piccioli.

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Come compensare la cedolare secca Questo è in realtà un problema marginale, perché per esempio nel caso in cui il credito venga ceduto a terzi (anche coniuge o parenti) può essere compensato anche con la cedolare dell'affitto. I bonus sulla casa funzionano infatti così: se gli interventi si fanno in casa propria, si tiene la detrazione e si compensa solo con l'Irpef. Se invece la detrazione (bonus fiscale) è ceduta ad altri (banche, poste ma anche qualsiasi altro soggetto), chi acquista può utilizzare il credito per tutte le imposte che si pagano sull'F24 e quindi anche con la cedolare.

I rischi per proprietari e imprese in casa di incapienza Le cessioni del credito sono bloccate, nel senso che ad oggi non ci sono istituti finanziari di primaria importanza (banche o poste) disponibili ad acquistare i crediti da bonus edilizi. Questo ha un impatto sui beneficiari dei bonus, sulle ditte e sui cantieri aperti. Per quanto riguarda i proprietari o possessori della casa, beneficiari del bonus, che fanno i lavori di ristrutturazione, in alcuni casi hanno sostenuto spese senza avere capienza di imposta, ma soprattutto c'è anche chi li ha sostenuti con limitata liquidità perché si aspettava di riavere indietro i soldi della ristrutturazione poco tempo dopo il pagamento, cedendo il credito fiscale maturato e monetizzandolo. Ad oggi, anche se avessero capienza Irpef sufficiente per compensare le detrazioni accumulate, senza cessione devono aspettare dai quattro o cinque anni per riaverli in caso di Superbonus, ai dieci anni in caso di interventi normali. Se poi non hanno capienza,  li perdono del tutto per la parte eccedente l’Irpef da pagare.

Secondo: la ditta che fa il lavoro pagata con lo sconto in fattura. Anche per l'imprese il problema è simile, ovvero il primo di liquidità e il secondo di capienza. Per fare i lavori hanno accettato pagamenti con sconti in fattura aspettandosi che questi crediti fossero 'liquidi', cioè che cedendoli alle banche avrebbero potuto ottenere indietro liquidità a tassi ragionevoli. Invece si trovano ora in una situazione in cui hanno spesso già fatto i lavori, magari pagando dipendenti e materiali, senza però riscuotere denaro liquido dai clienti, ma solo crediti fiscali. “Questo – sottolinea il commercialista Cesa Bianchi - crea uno squilibrio pericoloso, perché le imprese hanno anticipato soldi per fare gli interventi (personale e materiali), ma senza cessione ci vorranno anni per recuperare crediti. Se poi hanno acquisito più crediti di quante tasse paghino con F24, la situazione è anche peggiore perché la parte che non riescono a compensare è persa per sempre, generando non solo uno squilibrio finanziario ma anche economico.

Terzo: i cantieri aperti. I beneficiari che non riescono ad ottenere liquidità dalle cessioni su base di Sal (stati di avanzamento lavori), in alcuni casi non riescono nemmeno a pagare i lavori che restano da fare. La ditte che lavorano con lo sconto in fattura, non avendo più la possibilità di cedere i crediti, privilegiano i cantieri dove invece riscuotono denaro per evitare gli squilibri di cui sopra. Il cantiere quindi si blocca e ciò genera potenziali situazioni di conflitto tra committenti e ditte esecutrici. La conseguenza? Ci perdono tutti.

“Il vero problema – fa presente l'esperto - è che probabilmente gli istituti di credito e le Poste hanno esaurito la loro capacità di assorbimento, cioè hanno già acquistato crediti pari alla loro capienza fiscale e il mercato privato è dubbioso su queste operazioni. Qualche operazione si sta facendo, ma con tassi di sconto molto alti (anche oltre il 25%, quindi con un grande costo per chi cede), ma molti potenziali acquirenti privati sono comunque dubbiosi su queste operazioni per paura di essere poi coinvolti in atti di recupero da parte del fisco e contenziosi seguenti. Il mercato degli acquirenti diversi da banche e poste non riesce quindi a soddisfare tutta la richiesta.”.

Le soluzioni? Due le strade percorribili. “Le detrazioni – commenta il dottor Cesa Bianchi – sono spesa pubblica, però lo Stato, invece che pagare subito paga dilazionato negli anni. Praticamente è come se a fronte dei lavori effettuati venisse assegnato un piccolo pezzo di debito pubblico al proprietario o possessore della casa, come un Btp o altri titoli di Stato, per cui però il pagamento da parte dello Stato, invece di essere accreditato sul conto corrente, viene compensato con le imposte da pagare”. “Quindi vedo due strade. Nel breve periodo è necessario sbloccare liquidità a chi si trova in situazione di difficoltà finanziaria perché (a torto o a ragione) ha fatto affidamento sulla possibilità di poter convertire in denaro i crediti. Questa direi si potrebbe risolvere con acquisti diretti da parte dello Stato, che potrebbe convertire le detrazioni (finti Btp) con titoli ordinari (Btp). Nel lungo periodo si tratta di scelte politiche. È più importante continuare ad investire su queste detrazioni o da altre parti? Ci sono diversi studi su questi temi, per esempio di Bankitalia, che suggeriva di ridurre l’aliquota del superbonus al 40%, o della Fondazione nazionale dei dottori commercialisti ,che evidenziava che per ogni euro speso dallo Stato in bonus edilizi, ne ritornano sotto forma di maggiori imposte 43,3 centesimi, ma la scelta finale - conclude Cesa Bianchi - è politica". D'altro canto l’obiettivo di queste detrazioni era quello di far emergere il nero nell’edilizia, far ripartire il mercato e migliorare l’efficienza energica del patrimonio immobiliare italiano, tutti obiettivi che possono essere perseguiti anche con la strada delle semplificazioni. Rendere le cose semplici fa guadagnare tutti: i cittadini che vedono diminuiti gli oneri burocratici e le incertezze da sopportare e lo Stato a cui rimane più semplice e meno costoso il controllo.