Catasto: ecco perché le entrate dello Stato sono basse

Secondo l'Osservatorio sui conti pubblici, le tasse basate sui valori catastali rappresentano il 5% del gettito tributario totale. 19,8 miliardi di euro derivano dall'Imu.

Catasto e tasse sulla casa: cosa cambia

Catasto e tasse sulla casa: cosa cambia

Dopo il via libera della Camera, la delega fiscale, che contiene anche la revisione del catasto, approderà al Senato per l’approvazione definitiva. Un impianto che, però, senza i decreti attuativi del governo, da emanare entro 18 mesi dall’entrata in vigore, rischia di rimanere sulla carta.

L’iter del disegno di legge è stato piuttosto travagliato. Presentato il 29 ottobre del 2021, il documento per la modifica del sistema fiscale italiano ha dovuto superare l’opposizione del centro destra alla riforma del catasto. Il timore era che, con la revisione degli estimi, si aprisse la strada a un aumento delle tasse sugli immobili. Ipotesi che, al momento, sembra esclusa. Il testo dice infatti esplicitamente che le informazioni raccolte sulla base delle novità introdotte dalla riforma non potranno “essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali”. Ma quanto valgono queste imposte per le casse dello Stato? Secondo l’Osservatorio sui conti pubblici, poco: circa 23 miliardi di euro, il 5% del totale del gettito tributario. Di questi, l’85% derivano dall’Imu, la tassa che si applica agli immobili: 19,8 miliardi di euro nel 2018. L’aliquota varia dallo 0,1% allo 0,86% e può essere aumentata dai Comuni fino a un massimo dell’1,06%. L’Imu è l’imposta catastale per eccellenza, dal momento che la sua base imponibile è rappresentata dal valore catastale. Quest’ultima è uguale alla rendita catastale (data dalla dimensione dell’immobile rapportata a una tariffa che riassume le caratteristiche del bene, come la posizione, il piano ecc…) rivalutata a sua volta per un coefficiente pari all’1,05 per gli immobili e all’1,25 per i terreni, il tutto moltiplicato per un moltiplicatore catastale che riflette la destinazione d’uso dell’immobile.

Per quanto riguarda le altre tasse che si basano sul valore catastale, vanno ricordate le imposte di successione e donazione che si applicano ai beni immobili. Le aliquote variano a seconda del grado di parentela tra la persona deceduta (o il donatore) e l’erede (donatario): si va dal 4% per coniugi, genitori e figli, da calcolare sul valore eccedente un milione di euro, all’8% per chi non è parente. Nel 2018 le entrate derivanti da tali tributi ammontavano a 800 milioni di euro. C’è poi l’imposta ipotecaria, pagata per la registrazione di un atto di trasferimento di un immobile, con aliquota pari al 2%, e le imposte catastali, da versare in seguito al cambio di proprietà (voltura), la cui aliquota è dell’1%. Attenzione: i valori catastali entrano in gioco soltanto in caso di successione (con esclusione della prima casa, per la quale si paga un importo fisso di 200 euro) e donazione, non quando si effettua una vendita. La somma minima è di 200 euro per entrambe le imposte. In totale il gettito realizzato dalle tasse di successione nel 2018 era di 886 milioni di euro, ai quali va sottratta la parte che non dipende dai valori catastali e aggiunta quella delle donazioni.

L’Ocp, pertanto, ipotizza entrate basate sui valori catastali per 700 milioni. Somme più consistenti per le casse dello Stato sono generate invece dall’imposta di registro per l’acquisto di un immobile, che varia a seconda del tipo di venditore (privato o impresa, con il trasferimento che è esente o soggetto a Iva) e dell’immobile (c’è un regime di favore nel caso della prima casa). Gettito nel 2018: circa 3 miliardi di euro, dei quali 2 miliardi dipendono dai valori catastali. Infine c’è il reddito fondiario a fini Irpef che, però, è piuttosto basso. Il reddito derivante dal possesso degli immobili, infatti, viene tassato solo in casi eccezionali. Per un immobile situato nel comune di residenza e non affittato (ma se si trova in un comune diverso è esente) si paga l’Irpef sul 50% della rendita catastale rivalutata del 5%. Se, invece, l’immobile è locato con la cedolare secca, la tassazione è del 21% se si è scelto il canone libero e del 10% per quello concordato. Negli altri casi, si paga l’Irpef sul reddito della locazione abbattuto, però, del 5%. Insomma, le tasse basate sui valori catastali sono poche e il loro gettito è di modesta entità.