Domenica 13 Ottobre 2024

Cos'è il carry trade e quanto vale

Questo strumento prevede che un dato soggetto prenda in prestito dei capitali in una data valuta

Cos'è il carry trade e quanto vale - Crediti iStock Photo

Cos'è il carry trade e quanto vale - Crediti iStock Photo

Un’espressione molto in voga nel corso degli ultimi mesi è stata carry trade, da intendersi come una delle possibili strategie di investimento che possono essere messe in campo sui mercati finanziari internazionali.

Entrando più nello specifico, quando si attua un carry trade è previsto che un dato soggetto prenda in prestito dei capitali in una data valuta e che, in seguito, gli stessi strumenti finanziari vengano investiti con denominazioni in altre valute contraddistinte da un rendimento superiore al costo del finanziamento. Ne deriva che il profitto del soggetto sarà equivalente alla differenza generata tra l’investimento e, appunto, il costo del finanziamento. È bene precisare, inoltre, che gli strumenti finanziari sui quali si investe nella fase iniziale molto raramente sono rappresentati da beni reali.

Che cos’è il carry trade

Quando si decide di adottare un carry trade è necessario effettuare una serie di valutazioni, così da assicurarsi che possa trattarsi della situazione più vantaggiosa.

Per prima cosa andrà analizzata la profittabilità dell’operazione e che, dunque, le valute scelte godano di un rapporto stabile nel tempo (specie nel periodo necessario per concludere con successo il carry trade). Bisogna sostanzialmente assicurarsi che nel cambio di valute non vadano ad assottigliarsi, fino ad annullarsi, i guadagni realizzati.

Molto importanza deve essere poi riservata all’investimento iniziale in quanto, per il buon esito dell’operazione, non dovrà interessare strumenti ad alto rischio. Ecco dunque spiegato perché le operazioni di carry trade interessano soprattutto beni non reali contraddistinti da un basso rischio, come ad esempio i titoli di Stato.

I tassi di cambio più vantaggiosi

Se la disciplina generale del carry trade può definirsi costante nel tempo, lo stesso non si può dire delle valute.

Queste, infatti, cambiano il loro tasso di cambio nel tempo, rendendo alcune più adatte a questo tipo di operazione rispetto ad altre. A lungo, ad esempio, per gli investitori ha rappresentato un vantaggio indebitarsi in yen, visti i bassi tassi di interesse giapponesi, con i soggetti che hanno poi direzionato i capitali presi in prestito nel Paese asiatico verso mercati azionari emergenti o verso bond ad alto rendimento tipici di Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia e Regno Unito.

In un periodo fortemente contraddistinto dall’inflazione e da tassi di interesse in rialzo praticamente ovunque, lo scenario tende a cambiare velocemente e a diventare molto più complesso per chi fa carry trade. Ad agosto 2024, ad esempio, la Banca centrale giapponese ha alzato i tassi di riferimento a circa lo 0,25%, il che ha fatto sì che la moneta nazionale perdesse campo nei confronti delle altre valute. Il carry trade è rimasto vantaggioso, ma molto meno rispetto al passato: nei confronti del dollaro la valuta giapponese è salita del 10% in tre settimane.

Si tratta di una mossa studiata dal Giappone per rafforzare la propria moneta, così come evidenziato da Simon Webber, Head of global equities di Schroders: “I carry trade sullo yen giapponese al momento vengono rapidamente liquidati, causando un’elevata volatilità e un rapido apprezzamento dello yen. Lo yen era diventato molto sottovalutato. Per ora è difficile dire se i mercati abbiano reagito in modo eccessivo o se tutto il posizionamento sia stato liquidato”.

Si ricorda, infine, che quanto descritto gode anche di un precedente. Già nel 1998, infatti, il rischio di scosse importanti per l’economia nazionale spinse il Giappone ad apprezzare, in soli 4 giorni, lo yen del 15% nei confronti del dollaro statunitense.