Energia, mercato libero e maggior tutela: bollette meno care per contratti a prezzo fisso

L’analisi Enel sul monitoraggio Arera e sull’impatto degli aiuti evidenzia che a pagare di più sono stati i clienti del mercato tutelato, che hanno avuto un aumento del 108% contro il 15%

Il caro bollette non colpisce tutti allo stesso modo. Non solo le fasce sociali meno abbienti soffrono di più dei benestanti, ma l’impatto è diverso anche per chi è nel mercato libero o, invece, si trova ancora in quello tutelato. Il paradosso è che il servizio di maggior tutela, che andrà in pensione nel gennaio 2024, dovrebbe proteggere i consumatori. Eppure questo non è accaduto. Anzi, le famiglie in maggior tutela hanno visto le proprie bollette aumentare quasi 7 volte tanto quelle dei clienti del mercato libero, ovvero il 600% in più. A rilevarlo è un’elaborazione fatta da Enel sulla base di un monitoraggio condotto da Arera, l’autorità dell’energia, e sull’analisi delle bollette pagate dai clienti residenziali.

Il confronto

Dal confronto tra il 2021 e il 2022 emerge le famiglie con contatto a prezzo fisso sul libero mercato (che dura uno e due anni) sono la maggioranza, circa 20 milioni, e hanno subito un incremento del prezzo medio dell’energia elettrica del 15% (da 228 a 262 euro a megawattora) con una spesa annua passata da 600 a 700 euro. Le famiglie in maggior tutela (10 milioni), invece, hanno subito un incremento del 108%, da 234 a 487 euro a megawattora, con una bolletta annua salita da 600 a 1.300 euro. Per quanto riguarda i contratti, dal monitoraggio Arera è emerso che quelli a prezzo fisso stipulati fino a dicembre 2021 presentavano ancora tariffe basse, in media circa 200 euro al megawattora per una spesa annua di circa 500 euro. Ma per calmierare i costi delle bollette il governo Draghi è intervenuto più volte.

Il taglio degli oneri di sistema

Tra le prime misure messe in campo c’è stato il taglio degli oneri di sistema, che sono stati ridotti nel terzo trimestre 2021 e azzerati nel quarto. Molti clienti che avevano un contratto a prezzo fisso ne hanno beneficiato, con il risultato di pagare nel 2022 una bolletta addirittura più bassa che nel 2021. Nella scelta di come intervenire in futuro, questi dati potrebbero fornire delle indicazioni preziose. Anche perché se è vero che chi rinnova a prezzo fisso oggi paga di più (anche se i prezzi sono più bassi rispetto ad agosto), è anche vero che molti utenti sono coperti dai contratti fissi fino a fine anno e anche in parte nel 2023.

Gli interventi del Governo

Nell’analisi condotta da Enel trova spazio anche il calcolo dei costi sostenuti dal governo finora per contrastare il caro bollette. In totale, si stima che il costo per le casse dello Stato dell’azzeramento degli oneri di sistema sia di 9 miliardi all’anno. Questo mentre il credito di imposta, che ristora le imprese che hanno subito un aumento dei costi del 30% rispetto all’anno precedente, comporta una spesa di 18 miliardi di euro. Ora, le nuove regole Ue stabiliscono che la compensazione ora non può superare il 70% dei consumi 2021, mentre le nuove garanzie prorogabili a fine 2023 potrebbero consentire la rateizzazione delle bollette per chi non riesce a fare fronte ai pagamenti.

Gli scenari futuri

Infine, l’analisi di Enel contiene anche una parte dedicata ai futuri scenari, nei quali, al fine di evitare razionamenti forzati, la riduzione dei consumi sarà cruciale. Il mercato elettrico italiano potrebbe andare in tensione in inverno: la siccità limita infatti la produzione idroelettrica, mentre la manutenzione delle centrali nucleari in Francia potrebbe ridurre le importazioni di energia (in media 5-6 mila megawatt) e la chiusura totale dei rubinetti del gas russo è tutt’altro che remota. Tutti assieme questi fattori potrebbero mandare in crisi il sistema, la cui adeguatezza (di norma con riserve del 20%) è scesa fino al 3% nel 2021 e nell’estate scorsa.

Stoccaggi e problemi

Se quest’inverno farà molto freddo si dovrà succhiare tutto il metano negli stoccaggi, con la conseguenza di arrivare a febbraio in grosse difficoltà. I depositi coprono infatti circa 2-3 mesi di consumi. Infine, in uno scenario invariato, ovvero senza i due rigassificatori che verranno piazzati a Piombino e a Ravenna, con le forniture del gas russo già scese da 15 a 7 miliardi di metri cubi, durante l’estate del 2023 sarà impossibile riempire gli stoccaggi: in questo caso, il prossimo inverno la situazione sarà molto più seria di adesso.