Cabot Italiana batte anche la crisi da Covid "Nemmeno un giorno di cassa integrazione"

Roberto Ballardini, amministratore delegato della sede di Ravenna dell’industria Usa. .

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di Giuseppe Catapano

La specialità della casa è il nero di carbonio. Un pigmento ‘presente’ nella quotidianità di tutti. Dal primo Walkman ai primi videoregistratori, dalle ruote di bicicletta agli pneumatici delle auto da corsa, fino alla cosmetica e all’arredamento, sono infiniti gli utilizzi in campo industriale. Cabot Italiana, filiale con sede a Ravenna (nella foto in alto) della statunitense Cabot Corporation, azienda leader nella produzione e ricerca di prodotti chimici e materiali ad alta prestazione, è un riferimento nella produzione di nero di carbonio.

Come è un riferimento nel mosaico degli stabilimenti dell’azienda americana nel mondo: negli ultimi vent’anni, a Ravenna, sono stati studiati dieci nuovi prodotti "entrati nella vita di tutti i giorni – la precisazione di Cabot Italiana – e che sono tutt’ora uno standard di mercato riconosciuto e universale. Cinque di questi sono ancora realizzati esclusivamente a Ravenna ed esportati in tutto il mondo".

Spiccano, tra gli altri, quelli per applicazioni a contatto con la pelle. "La caratteristica principale – spiega Roberto Ballardini (nella foto in basso), amministratore delegato di Cabot Italiana – è nel basso contenuto di impurità. Ci sono tanta innovazione e tanto lavoro in ognuno dei nostri prodotti, che hanno un ciclo di vita molto lungo. Anche di sessant’anni". Proprio sessant’anni fa è nata la Cabot Italiana. Era il periodo in cui la ricostruzione del dopoguerra procedeva spedita, quando a Ravenna si decise di cogliere una nuova opportunità. Sfida vinta, se si considera che oggi il 58,3% della produzione viene esportato in Paesi come Germania, Francia, Cina e Arabia Saudita. Business a parte, diversi sono i traguardi raggiunti in ottica di sostenibilità ambientale e sociale. Già dal 1965, i gas derivanti dalla produzione vengono convogliati in un termovalorizzatore anziché dispersi nell’atmosfera. Dal 2010, un terzo dell’energia prodotta rende lo stabilimento romagnolo totalmente autonomo dal punto di vista energetico, mentre i restanti due terzi sono ceduti alla rete per l’utilizzo da parte di tutti.

"Il rispetto dell’ambiente – ammette Ballardini – può solo andare di pari passo con il benessere delle persone, dei lavoratori e di tutto l’indotto territoriale. Mettiamo davvero la sicurezza al primo posto, il basso turnover dei dipendenti è anche la testimonianza di un certo senso di appartenenza di chi lavora in Cabot Italiana". Sono 85 le persone impegnate dall’azienda, che punta molto sulla formazione anche grazie a un rapporto strutturato con gli istituti del territorio. Proprio per quanto riguarda la sicurezza, l’emergenza Covid-19 ha imposto all’azienda nuove sfide.

"Abbiamo previsto misure di contenimento e di mitigazione del rischio di contagio – osserva l’amministratore delegato – prima che dal governo arrivassero precisi input in tal senso. L’attività non si è mai fermata, anche se è andata avanti a ritmo ridotto durante il periodo più difficile. Ma non abbiamo chiesto nemmeno un giorno di cassa integrazione, non lo abbiamo mai fatto in sessant’anni di storia".

Per il futuro c’è fiducia, nonostante i mesi complicati della pandemia. "Quest’anno era cominciato bene, per il prossimo – conclude Ballardini – prevediamo volumi non inferiori a quelli del 2020. C’è grande attenzione a ciò che succede in America".

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