Boom dei servizi legali in Italia Il risiko delle law firm fa bene al mercato: +6,4%

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MILANO

CONTINUA a crescere il mercato dei servizi legali in Italia. I primi 50 studi d’affari (o d’impresa) attivi nel nostro Paese – stando alle stime elaborate dal centro ricerche di Legalcommunity.it per MAG – nel 2018 hanno prodotto un fatturato complessivo di 2,38 miliardi di euro con un aumento del 6.4% rispetto all’anno precedente (solo nel 2013 il giro d’affari mosso era di 1,6 miliardi). Ed emerge come le grandi insegne collegate al mondo della consulenza si ritaglino una posizione di prima evidenza.

COMINCIAMO dal podio della ‘best 50’ degli avvocati d’oro. In vetta si conferma BonelliErede con 166 milioni di euro (in linea con il 2017). Al secondo posto Gop (Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners) con 145 (+ 9.85%) e al terzo Pwc Tls con 140,3 (+ 11.97%). Proprio il risultato di Pwc testimonia quanto dicevamo sui servizi di consulenza. Le cosiddette ‘Big 4’, vale a dire Pwc, EY, Deloitte e Kpmg, rappresentano il 18,8% del mercato, quindi la fetta più corposa dopo quella del 30.8% rappresentata dai grandi studi italiani.

SUL MAG Nicola Di Molfetta, direttore di Legalcommunity.it, fotografa il «dinamismo delle strutture collegate al mondo dei servizi di consulenza che, come si sta notando da tempo anche all’estero, stanno tornando a giocare un ruolo di primissimo piano». Per quanto riguarda le law firm che sono cresciute percentualmente di più in termini di fatturato, al primo posto c’è Dentons con una performance del 39.52%, seguita da Latham & Watkins (+ 25%) e Gitti & Partners (+ 24%): quest’ultima è l’unica insegna italiana in questa speciale top ten. Allora vale la pena dare subito un’occhiata al ‘market share’. La sintesi è che se i big per fatturato restano italiani, la quota di mercato occupata dalle law firm internazionali è ampia. Complessivamente il cluster degli studi inglesi ha raggiunto una quota del 13.8%.

LE INSEGNE americane presenti in Italia producono circa l’11% del fatturato generato dalle prime 50 insegne. In evidenza l’angloamericana Dla Piper che ha chiuso il 2018 con 87.3 milioni di fatturato e una crescita del 15.35% che la mette all’ottavo posto tra gli studi che sono cresciuti di più. La torta del mercato legale, sempre relativa alle ‘best 50’, è composta così: 30.8% i big italiani; 18.8% le ‘Big 4’; 13.8% gli studi inglesi; 11.5% gli studi americani; 8.6% le super boutique italiane; 3.2% le specialistiche; altri 13.3%. Sul versante big law, Legance è lo studio che, dopo Gop, ha registrato la crescita più consistente (+7,7%) raggiungendo gli 84 milioni. Chiomenti, pur mantenendo sostanzialmente stabile il numero dei suoi professionisti, ha segnato un incremento del 3% dei ricavi arrivando a 130.8 milioni (quarto posto).

PER QUANTO riguarda le super boutique, hanno avuto un buon andamento praticamente tutte le principali insegne comprese in questa categoria. Partendo da Pedersoli che ha chiuso l’anno con un fatturato di 40 milioni con il tratto significato delle 51 operazioni (m&a) chiuse per un valore di 11.3 miliardi di euro. Risultati positivi anche per Gatti Pavesi Bianchi (+ 5.17%) e Grande Stevens (27.4 milioni con + 4.38%). Lateral hire: esempio più significativo del risiko legale è stato l’integrazione tra BonelliErede e Lombardi Segni e Associati (29.2 milioni di fatturato) con la nascita di una struttura da 750 professionisti. «BonelliErede – afferma Di Molfetta – potrebbe verosimilmente superare quota 180 milioni di ricavi se non sfiorare i 190 e riuscirebbe a scavare un solco importante rispetto ai suoi concorrenti diretti, mettendo a segno un allungo difficilmente colmabile, almeno nel breve periodo». Peraltro non tutti i componenti dello studio Lombardi hanno seguito questa strada. Una parte di loro (un gruppo di 15 professionisti) ha fatto ritorno in Gop.

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