Bonus 200 euro, economisti spaccati: "Pannicello caldo, creano debito"

Ma c’è anche chi vede il bicchiere mezzo pieno: "Il bonus è una misura che tranquillizza le famiglie"

Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, 55 anni

Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, 55 anni

Roma, 4 maggio 2022 - A conti fatti, il bonus anti-caro prezzi di 200 euro, in arrivo nei cedolini e nelle buste paga o come sconto fiscale tra giugno e luglio per lavoratori e pensionati, rischia, per un verso o per l’altro, di scontentare un po’ tutti. Tanto che sembra tornare a proposito quello che dice Emmanuele Massagli, Presidente di Adapt (il centro studi fondato da Marco Biagi): "Ci deve essere negli impianti di condizionamento di Palazzo Chigi una sorta di ‘batterio del bonus in busta paga’ che prima o poi infetta qualsiasi primo ministro. Accadde con Berlusconi, poi con Renzi, ora con Draghi". Il problema è che "la misura varata in questi giorni – spiega – è certamente comprensibile sotto il profilo politico e anche per quanto concerne la sua facilità di realizzazione, ma dal punto di vista strategico appare però una soluzione eccessivamente estemporanea e anche contraddittoria". Non è un caso, del resto, che il giorno dopo il varo del benefit, i sindacati facciano buon viso a cattivo gioco, ma non si sbilancino più di tanto: tanto che se il leader della Cisl, Luigi Sbarra, parla di "un primo significativo intervento che va nella direzione da noi auspicata", Maurizio Landini, numero uno della Cgil, avvisa che "sono meglio di nulla ma non risolvono il problema. Bisogna creare occupazione".

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Non usa mezzi termini, il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi: "Non ci convince che si affrontino i temi più importanti con i bonus e le una tantum". Da qui il rilancio della proposta degli industriali di interventi strutturali "perché riteniamo che sia il momento per intervenire in questo modo sui gap decennali del Paese". E rilancia la proposta degli industriali di un taglio del cuneo contributivo da 16 miliardi. Suggerendo anche il modo per reperire le risorse: lo Stato potrebbe ridare alle imprese quei 16,7 miliardi in più che le aziende hanno versato tra il 2010-2019 sulla cassa integrazione ordinaria.

Il premier, però, difende i 200 euro senza esitazione: "È una misura fortemente progressiva che premia molto le fasce più basse di reddito, e che compensa in parte, o in alcuni casi in gran parte, la perdita avuta per l’inflazione". E dello stesso avviso è Marco Fortis, docente della Cattolica di Milano di Economia industriale: "L’intenzione del governo è quella di tranquillizzare le famiglie in un momento difficile come questo in cui il potere d’acquisto dei salari è eroso dall’inflazione. Si tratta certamente di una misura una tantum, ma la navigazione a vista in questa fase è la sola possibile. L’esecutivo vuole dare un messaggio anche psicologico: vuole far sapere che c’è e che tiene duro. E, del resto, in termini strutturali non avrebbe senso intervenire con questa incertezza". Non la pensa allo stesso modo Giulio Sapelli, storico dell’economia di primo piano: "È un pannicello caldo. Si continua con la politica dei bonus a pioggia. Si tratta di una politica un po’ peronista, argentina. Ma i bonus non servono, fanno crescere il debito e non favoriscono la crescita. L’alternativa? Detassare, per indicare una misura strutturale, gli aumenti contrattuali di quattro milioni di lavoratori che attendono il rinnovo del contratto".

La via dell’intervento strutturale è quella suggerita anche Maurizio Del Conte, professore ordinario di Diritto del Lavoro alla Bocconi: "Il bonus è un intervento utile a dare un sollievo economico immediato in una fase di emergenza, ma può assolvere alla sua funzione solo se inserito in una più ampia azione di carattere strutturale a sostegno della occupazione e delle retribuzioni. Solo rilanciando la convenienza del lavoro stabile e alleggerendo in via permanente il carico fiscale sugli stipendi sarà possibile ripristinare la propensione alla spesa dei lavoratori e, quindi, immettere nel moltiplicatore economico anche le risorse del bonus". Mentre, a sua volta, Massagli indica come via maestra quella del welfare aziendale: "Meglio sarebbe un potenziamento dei beni e servizi di welfare aziendale, come recentemente ipotizzato da Brunetta e come è stato nel 2020 e 2021 con il raddoppio a 516 euro del valore dei beni e servizi detassati e decontribuiti ceduti dal datore di lavoro ai dipendenti. Misura, questa, di grande successo, ma non rinnovata a sorpresa proprio dal governo Draghi".