Biometano: l'Italia è seconda in Europa per produzione

Una fonte pulita su cui Pnrr investe 1,7 miliardi di euro. Le associazioni di settore puntano a produrne 8 miliardi di metri cubi entro il 2030

Sono mesi che l’Italia si dibatte nel tentativo di liberarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia. Un aiuto importante, almeno nel prossimo futuro, è rappresentato dal biogas e dal biometano, gas rinnovabili a basse emissioni di carbonio. Non a caso il Pnrr assegna a questo capitolo ben 1,7 miliardi di euro. Si tratta di risorse che serviranno a finanziare investimenti relativi alla costruzione di nuovi impianti o alla riconversione di quelli esistenti. A fare il punto sulla situazione di un settore che vede l’Italia all’avanguardia nel contesto europeo sono stati il Consorzio italiano Biogas (Cib) e il Consorzio italiano compostatori (Cic).

Siamo infatti il secondo Paese in Europa per produzione di biogas e tra i principali al mondo. Con un adeguato sistema legislativo a supporto, stimano i due consorzi, si potrebbe raggiungere in totale una produzione di circa 8 miliardi di metri cubi di biometano al 2030. Un aiuto importantissimo non solo ai fini del raggiungimento dell’indipendenza energetica, ma anche della transizione energetica, con il passaggio a fonti completamente pulite. Si può infatti sviluppare un circuito virtuoso di economia circolare che, attraverso la valorizzazione dei sottoprodotti di origine agricola e della frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata, attiva sinergie tra diverse filiere produttive: lo scarto di una filiera diventa una risorsa per altre e permette di produrre un gas rinnovabile, utilizzabile sia per l’immissione in rete che per l’autotrazione, riducendo il ricorso alle fonti fossili.

Negli ultimi anni, del resto, i passi in avanti sono stati numerosi. Dal 2017, anno in cui il primo impianto associato al Cic ha immesso i primi metri cubi di biometano in rete, la situazione è andata evolvendosi rapidamente. Secondo le stime del Cic, già oggi vengono immessi in rete 130 milioni di metri cubi di biometano e biogas ottenuti da Forsu, ovvero da rifiuti organici e solidi urbani. Al momento sono in corso di realizzazione e avviamento impianti che porteranno la produzione nazionale di biometano a partire da rifiuti organici a quota 300 milioni di metri cubi al 2025 e a superare la soglia di 1 miliardo come potenzialità massima al 2030.

Tra nuovi interventi e soprattutto ammodernamenti, sono infatti pronti a diventare operativi più di 50 impianti di produzione di compost e biometano da frazione organica proveniente dalle raccolte differenziate. A questi si aggiungono i dati del biometano e biogas ottenuto in agricoltura. Secondo il Cib, con più di 1700 impianti di biogas sul territorio nazionale, il settore del biogas agricolo rappresenta oggi circa l’88% del totale, con una potenza installata di 1014 megawatt. Grazie all’implementazione delle misure del Pnrr dedicate al comparto, si stima entro il 2026 una produzione di oltre 4 miliardi di metri cubi di biometano agricolo, pari al 30% del totale forniture di gas naturale che viene importato dalla Russia. Ma volgendo lo sguardo al 2030 il potenziale identificato dal Cib è ancora più ampio. Si parla infatti di circa 6,5 miliardi di metri cubi per il solo biometano agricolo.

“In un momento di crisi energetica come quello attuale”, sottolinea Massimo Centemero, Direttore del Cic, “è più che mai necessario trovare alternative, ma ancora più importante valorizzare le fonti che già abbiamo e gli impianti in funzione o che aspettano solo di essere riconvertiti. Il biometano rappresenta il futuro sotto tanti aspetti, nonché un’occasione per favorire la decarbonizzazione e incrementare la sicurezza energetica nazionale. Per questo auspichiamo che la scelta di investire su questo biocarburante non sia soltanto una risposta momentanea dovuta alla crisi energetica, ma diventi un punto di partenza per valorizzare le potenzialità produttive della filiera del rifiuto domestico e agricolo, per creare un sistema ‘win-win’ che produca energia dagli scarti organici”.