Giovedì 18 Aprile 2024

Biciclette, Italia torna primo produttore in Europa

Tradizione e innovazione binomio vincente. I numeri di un nuovo boom trainato da cicloturismo ed elettrico

Il cicloturismo è passione contagiosa e traina le vendite

Il cicloturismo è passione contagiosa e traina le vendite

Dopo quasi un ventennio da inseguitrice, l’industria italiana della bicicletta è tornata a vestire la maglia rosa: con oltre 3,2 milioni di pezzi fabbricati nel 2021, infatti, l’Italia risulta il primo produttore europeo di bici, oltre a essere paese leader della nuova mobilità sostenibile. Un traguardo raggiunto nonostante alcuni fenomeni, innescati nei mesi scorsi dal contesto macroeconomico – in primis, la crisi delle catene mondiali di fornitura e l’aumento esponenziale della domanda, dovuto all'evoluzione del mercato della mobilità elettrica – abbiano messo seriamente in ginocchio le filiere. È quanto emerge dalla seconda edizione della ricerca"‘Ecosistema della bicicletta", realizzata da Banca Ifis per fotografare l’andamento di un settore protagonista della transizione sostenibile. Lo studio, presentato la scorsa estate, ha inoltre analizzato due tendenze che guidano lo sviluppo del comparto: il cosiddetto ‘reshoring’ (letteralmente, il rientro delle produzioni, in precedenza delocalizzate all’estero) e il cicloturismo.

 

Maglia rosa

La ricerca condotta da Banca Ifis evidenzia un settore particolarmente dinamico: nel triennio 2021-2023, infatti, l’incremento nella produzione di biciclette è stimato di oltre il 7% anno su anno. In vetta, naturalmente, la bici elettrica (+25%), che arriva a rappresentare l’11% della produzione complessiva. L’Italia si conferma primo produttore europeo con una quota di mercato del 21%, seguita da Germania e Portogallo, e con un saldo export/import di biciclette positivo per 1,3 milioni di pezzi e in crescita del +23% sul 2020. L’aumento della domanda ha sostenuto anche i ricavi: +7.4% l’incremento nel 2021 rispetto al 2020 e +7,3% la crescita media annua del fatturato dei produttori attesa nel biennio 2022-2023, alla fine del quale potrebbe sfiorare i 2 miliardi di euro. Per il comparto italiano della bicicletta una sicura risorsa è rappresentata dal binomio fra tradizione e innovazione: il 25% dei produttori dichiara di aver incrementato la quota degli investimenti nel biennio 2020-2021 e un altro 70% li ha mantenuti invariati, proseguendo sul percorso degli aggiornamenti tecnologici.

La volata del cicloturismo

Quasi 5mila percorsi adatti alle due ruote, per una lunghezza complessiva di 90mila chilometri, 4.940 operatori turistici specializzati in cicloturismo e 4.550 alberghi che mettono a disposizione servizi dedicati alla bicicletta: ecco alcuni numeri che spiegano il successo del cicloturismo italiano, ritenuto ormai un imperdibile volano di sviluppo per la nostra economia. Sono 8 milioni gli italiani interessati al cicloturismo, pari a circa il 16% della popolazione maggiorenne. Il Trentino-Alto Adige è la regione più attiva in termini di offerta turistica, e il Nord-Est la destinazione scelta più frequentemente (32% tra le mete cicloturistiche). Se l’Italia è un paese ricco di percorsi, il vero punto di svolta è costituito però dalla varietà dell’offerta: non può esserci cicloturismo senza servizi "ad hoc". Nove, in totale, i servizi usualmente inclusi nei pacchetti turistici e 4 quelli più utilizzati dal cicloturista: noleggio della bicicletta, tour di gruppo, alloggio e copertura assicurativa. Il servizio destinato a crescere di più è la guida turistica. Questo fermento porta il 90% degli operatori turistici italiani a prevedere una crescita dei ricavi da cicloturismo. Il cicloturismo porta inoltre con sé i concetti di lentezza, sostenibilità, sicurezza, salute e inclusione, attivando circoli virtuosi in grado di valorizzare i territori meno battuti dai flussi turistici di massa. Allo stesso tempo, il costo alle stelle di energia e carburanti e l’attenzione verso la sostenibilità incentivano l’uso della bicicletta per una vacanza attiva. La maggiore accessibilità alle e-bike (per prezzo, performance e comfort) rende questo mezzo più abbordabile anche dalle fasce di popolazione meno allenate o meno giovani, contribuendo a un’ulteriore diffusione del fenomeno.

Crisi materie prime

La bici è stata uno dei simboli delle strozzature nelle forniture che hanno caratterizzato la ripartenza post-Covid. Il nostro Paese, che ha sempre vantato una tradizione gloriosa in fatto di progettazione di telai e componenti (basti pensare ai marchi che, nel secolo scorso, hanno fatto grande la bicicletta italiana nel mondo, come Bianchi, Cinelli, Pinarello, Colnago, De Rosa), aveva demandato, negli ultimi vent’anni, gran parte della produzione al Sudest asiatico. Per alcuni segmenti si è creata, pertanto, una fortissima concentrazione del mercato che, a sua volta, ha generato l'incapacità di tenere il passo della domanda: tutti ricordiamo, nei mesi successivi ai lockdown, le code fuori dai negozi di due ruote e i magazzini svuotati (complice il ‘bonus mobilità’ varato dal governo, che ha finito per drogare il mercato). La crisi di materie prime e componentistica; l’aumento della domanda; i dazi e l’innalzamento delle spese di produzione nel Far East; l’impennata dei costi di container e trasporti hanno paralizzato, per diversi mesi, il settore (com’è accaduto, del resto, con l’automotive).

Il "reshoring"

L’industria manifatturiera delle due ruote ha deciso di correre ai ripari accorciando, per quanto possibile, le filiere: il report di Banca Ifis stima che la fabbricazione di 2,8 milioni di biciclette all’anno rientrerà in Europa, con un’accelerazione nel biennio 2022-2023, corrispondente al 18% della produzione totale europea. L’opportunità produttiva porta con sé la necessità di figure professionali con le competenze necessarie, che circa il 30% delle imprese ha attualmente difficoltà a trovare. Di conseguenza, il 24% delle imprese programma di aumentare gli investimenti destinati alla formazione del personale. Un esempio recente di "reshoring" è quello portato avanti da Bianchi, pezzo di storia del ciclismo italiano, agonistico e non (tra i grandi nomi che hanno pedalato sulle bici da corsa della celebre casa di Treviglio, Costante Girardengo, Fausto Coppi, Felice Gimondi, Gianni Bugno e il pirata Marco Pantani): lo scorso dicembre, il gruppo ha annunciato un investimento di 40 milioni di euro in un nuovo stabilimento, sempre nella Bergamasca. A regime avrà 250 occupati e sarà dedicato in particolare all’elettrico, che ormai pesa per oltre metà del fatturato.

 

 

 

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