Mercoledì 24 Aprile 2024

Banca Etica finanzia l’Italia solidale: "Aiutiamo chi promuove l'inclusione"

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Giuliano Molossi

MILANO

E’ UNA BANCA. Ma è qualcosa di più e di diverso di una semplice banca. E’ giovane (appena vent’anni) ma è già una realtà consolidata della finanza. Di una finanza al servizio dell’ambiente, dell’economia sostenibile e dell’inclusione sociale. Banca Etica giusto un mese fa ha rinnovato il cda nominando presidente una donna, Anna Fasano, 44 anni, friulana, che raccoglie il testimone da Ugo Biggeri che ha guidato con successo crescente l’istituto negli ultimi nove anni.

Mentre il Paese fronteggiava la recessione e il credit crunch e le altre banche si concentravano su riduzione dei costi e gestione dei crediti deteriorati, i prestiti erogati da Banca Etica alle organizzazioni attive nell’economia solidale e sostenibile sono cresciuti del 112%. Il 2018 si è chiuso con un utile di oltre 3 milioni di euro.

Presidente Fasano, qual è il suo giudizio sull’ultimo anno? Numeri piccoli ma positivi?

«Chiudiamo con un utile significativo per le nostre dimensioni ma la cosa più importante è il continuo aumento della raccolta ( la raccolta diretta ammonta a 1.549 milioni, il 12,9% in più rispetto all’anno precedente) e degli impieghi (più 10,7%) con un calo dei crediti deteriorati. Quindi lo sviluppo della banca continua al di là delle nostre aspettative e questo ci fa ben sperare per i prossimi anni».

In che cosa Banca Etica è diversa da tutte le altre banche?

«Si chiama banca e quindi riesce a offrire ai clienti gli stessi strumenti di tutte le altre banche. Ma è diversa, molto diversa, perché non si rivolge solo alla cittadinanza, ma è nata per promuovere varie realtà e istituzioni, in particolare del terzo settore, ma anche le imprese socialmente responsabili che realizzano beni e servizi per le comunità valutando l’impatto sociale e ambientale del proprio agire».

Ma che cosa vi distingue?

«Un importante elemento distintivo è che l’erogazione dei finanziamenti avviene non solo valutando l’aspetto creditizio, con l’istruttoria economico finanziaria, ma valutando anche gli aspetti sociali e ambientali. Un altro elemento che ci distingue dagli altri è la trasparenza non solo del nostro agire ma nella gestione dei finanziamenti. Sul sito della nostra banca compaiono tutte le realtà finanziate. A differenza di tutte le altre banche noi diciamo chiaramente ai nostri clienti dove mettiamo i loro soldi. Un terzo elemento distintivo è la gestione della partecipazione. Banca Etica è una società cooperativa ma ha un’attenzione particolare ai percorsi partecipativi con i suoi 3000 soci e con i lavoratori tant’è che identifica questi percorsi definendo specifici portatori di valore». Com’è cambiato in questi vent’anni di vita di Banca Etica il mondo del terzo settore?

«Il terzo settore rappresenta ancora oggi più del 50 per cento della nostra attività ma è cambiato molto, ha ampliato il proprio bacino, comprende realtà diverse che per struttura possono essere leggermente diverse ma che riescono ad identificarsi nella stessa mission che è quella di lavorare per il bene comune. Noi ci rivolgiamo a tutte quelle imprese socialmente responsabili che lavorano sui temi dell’economia circolare, sui temi ambientali, su quelli del commercio equo».

Qual è lo stato della finanza etica in Italia?

«Nel nostro Paese gli unici che si identificano nella finanza etica siamo noi. Un risultato però è stato raggiunto ed è l’inserimento nel testo unico bancario, già da due anni, delle realtà di finanza etica. E’ stato un ottimo segnale politico e di indirizzo. Ma purtroppo mancando ancora i decreti attuativi probabilmente non c’è stimolo per altri ad avvicinarsi a questo mondo. Va detto però che il tema degli investimenti sostenibili ormai è entrato nelle dinamiche di molte banche».

Prima delle elezioni europee Banca Etica ha promosso un incontro con i candidati sul tema: cambiamo la finanza per cambiare l’Europa. Quali sono le riforme che potrebbero favorire uno sviluppo economico che limiti i danni ambientali e favorisca la creazione di green jobs e strumenti per l’inclusione sociale ed economica delle persone più fragili?

«E’ un tema che abbiamo promosso per far sì che i vari soggetti politici potessero riflettere su alcune questioni. Uno stimolo che abbiamo lanciato è quello per garantire la separazione fra le banche di investimento che svolgono attività finanziarie rischiose e le banche commerciali che finanziano l’economia reale, un altro è quello della tassa sulle transazioni finanziarie che è sempre all’ordine del giorno come quello di contrastare i paradisi fiscali».

Il vostro impegno si misura con l’andamento dei prestiti erogati alle organizzazioni attive nell’ economia civile, solidale e sostenibile. Come stanno andando le cose sotto questo profilo?

«Nell’ultimi tre anni sono aumentati del 34 per cento. E’ un trend in costante aumento, noi puntiamo a crescere del 10 o 15 per cento all’anno. Questo per noi rappresenterebbe un giusto equilibrio fra le richieste della società civile e la nostra capacità di dare delle risposte».

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