Le mani dello Stato sulle imprese. La politica vuol entrare nei cda

Aziende in crisi: torna lo spettro della nazionalizzazione. Confindustria: "Inaccettabile". Maggioranza divisa

Al lavoro

Al lavoro

Roma, 8 maggio 2020 - La crisi da lockdown ha rianimato il partito della statalizzazione che in Italia dimostra una tenace resistenza a tutti i vaccini riformatori. L’idea di utilizzare lo Stato per salvare le aziende è un venticello cresciuto da molti mesi e ha solleticato una vasta porzione politica, dai 5 Stelle alla destra nostalgica dell’Iri passando per la sinistra insofferente della versione liberal del Pd. Ieri, per dire, lo ha rispolverato il vicesegretario dem Andrea Orlando, alzando un polverone. Matteo Renzi ha gridato al tentativo di "sovietizzare l’Italia", e il centrodestra ha rincarato la dose, tanto che lo stesso leader Pd Nicola Zingaretti ha dovuto tirare il freno a mano. "Il sostegno alle imprese" non è pensato "per governarle o, peggio, statalizzarle. Queste sono balle, nessuno ci ha mai pensato".

In realtà qualcuno ci ha pensato, eccome. L’intervento dello Stato nell’economia è nel Dna di Grillo, oggi alleato del Pd. Nel 2015 l’ex comico annunciava la necessità di nazionalizzare le banche e i 5 Stelle hanno proposto nell’ordine di statalizzare l’acqua, le telecomunicazioni, la Borsa e persino Bankitalia (nel 2019, appoggiando un’idea della Meloni). C’è stata poi la stagione delle nazionalizzazioni evocate per le autostrade e l’industria dell’acciaio, quando Di Maio iniziò a occuparsi dell’ex Ilva. Nel mezzo il caso Alitalia, con l’ipotesi dello Stato alla cloche. E che dire di Mps, con l’ingresso "temporaneo" dello Stato ai tempi del ministro Padoan (Pd)?

Ora la tentazione rimonta. Il ministro grillino Patuanelli, allo Sviluppo economico, a novembre in commissione al Senato disse che si dovrebbe tornare all’Iri «per proteggere la nostra produzione industriale». A fine aprile, Patuanelli ha annunciato che, assieme al "fondo da 5 miliardi per la ricapitalizzazione delle imprese», lo Stato sarebbe entrato "nell’azienda raddoppiando l’aumento di capitale" per uscire «dopo 6 anni e a certe condizioni, senza ritirare il capitale".

Un’ipotesi che ha fatto sobbalzare gli industriali. Il neo presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha avvisato: "Un conto è chiedere un freno alla corresponsione dei dividendi, altro e del tutto inaccettabile è avviare una campagna di nazionalizzazioni dopo aver indotto le imprese a iper-indebitarsi". E ha aggiunto: "Lo Stato è l’arbitro, non può diventare giocatore". Il messaggio è stato recepito dal ministro Roberto Gualtieri, titolare dell’Economia. Non chiamatela nazionalizzazione neppure temporanea, ha spiegato. E per placare Confindustria ieri si è inventato il concetto di "appoggio esterno dello Stato" per le imprese tra i 5 e i 50 milioni di fatturato. Ma in verità sono i fatti che contano. 

Nella task force sulla Fase 2, Conte ha chiamato l’alfiere numero uno dello Stato imprenditore, l’economista Mariana Mazzucato. E se Romano Prodi ha avvisato che lo Stato manager non è una passeggiata (ne sa qualcosa, avendo vissuto l’ultima stagione dell’Iri), un economista come Franco Mosconi, ex consigliere a Palazzo Chigi ai tempi dell’Ulivo, ha dettagliato il modello di Stato interventista: sostegno pubblico alle aziende per aiutarle a "spostarsi verso la frontiera del tecnologico".

Ma dove li trova i soldi lo Stato? A parte il debito, ed eventuali aiuti Ue, l’unica idea è attingere da Cassa depositi e prestiti. "Ma se Cdp fosse una banca sarebbe fallita – scuote la testa Alberto Mingardi, economista dell’Istituto Leoni –, ormai ha più partecipazioni che capitale. La missione di Cdp dovrebbe essere la finanza locale e la gestione del risparmio postale. Il Paese è in crisi di entrate, il Recovery fund avrà regole europee precise". E sappiamo che la Commissione è durissima (soprattutto con l’Italia) nel fare rispettare le norme sugli aiuti di Stato. Per Mingardi sarebbe meglio un fondo con i privati che intercetti gli investitori stranieri. "La verità – chiosa Mingardi – è che si avverte già l’orgia degli economisti allineati con il governo, pronti a entrare nei cda delle aziende statalizzate". 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro