Aziende nel Metaverso: cosa sappiamo sugli investimenti del futuro

Sono soprattutto i brand del lusso ad aver fiutato il potenziale di un mercato che arriverà a valere 5 trilioni di dollari entro il 2030

Esempio di metabar virtuale (Imagoeconomica)

Esempio di metabar virtuale (Imagoeconomica)

Roma, 5 ottobre 2022 - C’è chi aprirà una sala concerti, chi ci ha discusso la propria tesi di laurea e chi, come gli Emirati Arabi Uniti, sta pensando addirittura di insediarci una sede del ministero dell’Economia. Da quando Mark Zuckerberg, un anno fa, ha annunciato che Facebook avrebbe cambiato nome in Meta, scommettendo su una piattaforma totalmente immersiva denominata ‘metaverso’, sono sempre più numerose le aziende e organizzazioni che sgomitano per essere presenti nel nuovo mondo virtuale, considerato la diretta evoluzione di Internet. Si è compiuto, così, il balzo epocale dal web 2.0 (quello dei social network fruiti direttamente dal proprio smartphone, con la creazione continua di contenuti da parte degli utenti) al livello 3.0, generato dalla convergenza tra fisico e digitale.

Ma cos’è e cosa significa ‘metaverso’? Non siamo di fronte a un termine coniato da Zuckerberg, ma dallo scrittore Neal Stephenson, autore del romanzo cyberpunk ‘Snow Crash’ (1992). La vicenda è ambientata in una sorta di realtà virtuale condivisa tramite internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar. La differenza tra le classi sociali è demarcata dalla risoluzione del proprio avatar e dalla conseguente possibilità di accesso a luoghi esclusivi. Da allora sono stati soprattutto i film di fantascienza a mettere in scena il metaverso, molto spesso nella sua accezione distopica e alienante: ad esempio, in ‘Ready Player One’, diretto da Steven Spielberg nel 2018, i partecipanti riscuotono premi in denaro vincendo delle sfide e possono utilizzare quelle monete sia nell’universo digitale, comprando un’arma o una macchina, sia nella vita reale. Aldilà della morale sottesa al film, che si sofferma a lungo sulla diffusa incapacità di instaurare e mantenere legami affettivi nel mondo reale, la storia anticipa alla perfezione alcune caratteristiche del metaverso: in primis, l’interoperabilità tra le attività virtuali e quelle reali dei protagonisti.

L’unione tra la parola ‘meta’ (letteralmente, ‘oltre’) e ‘universo’ lascia intendere che Internet si articolerà – per certi versi, si articola già – in un insieme di spazi virtuali e tridimensionali condivisi, collegati all’interno di un più ampio universo virtuale. Questi spazi potrebbero essere, di volta in volta, un sito web, un’applicazione per smartphone, un videogioco o una chat room: ciò che conta non è il mezzo utilizzato, ma la continuità, o meglio la fluidità, dell’identità dell’utente, costantemente sospesa tra digitale e reale. In un mondo ormai innervato dalla connessione a Internet, nel quale disconnettersi risulta quasi impossibile, il Metaverso sta prendendo forma giorno dopo giorno: quando sarà completo, disporremo di strumenti e servizi virtuali all’interno dell’universo digitale, che ci supporteranno nelle attività quotidiane. Avremo il nostro avatar e il nostro ufficio virtuale, in cui incontreremo colleghi e clienti reali. Nel metaverso incontreremo amici nella nostra ‘casa digitale’, organizzeremo incontri, giocheremo, faremo shopping e firmeremo contratti (fatti di pixel, ma con validità reale).

A proposito di shopping e delle ghiotte opportunità di guadagno offerte dalla nuova frontiera di Internet, sono soprattutto i brand del lusso ad aver fiutato il potenziale di un mercato che, secondo gli osservatori, arriverà a valere 5 trilioni di dollari entro il 2030. Grandi nomi come Bmw, Nike, Tiffany, Dolce&Gabbana e Tommy Hilfiger, tra gli altri, hanno già lanciato delle creazioni nelle proprie vetrine virtuali, consacrando definitivamente il metaverso come luogo d’affari reale e intercettando quella vasta platea di giovani e meno giovani che dai social sono pronti a migrare, entro i prossimi 5 anni, verso i mondi di pixel. Dalle sneakers ai gioielli, dalle opere d'arte ai concerti, fino all'oggettistica da collezione: grazie al boom delle criptovalute si è registrata una vera e propria corsa ad accaparrarsi i migliori oggetti digitali disponibili. E qualcuno si attende che i futuri sviluppi del metaverso spingano verso l’alto le quotazioni e arricchiscano ulteriormente le tasche di chi ha saputo leggere in anticipo il business.

Dai temuti scenari distopici al miraggio dei soldi a palate si apre un ampio intermezzo, fatto di domande ancora lontane dal trovare una risposta. Al netto dei pericoli sociali derivanti dal rinchiudersi in un ambiente virtuale, all’ordine del giorno da quando Internet è entrato nelle nostre vite, il metaverso dovrà superare alcuni importanti ostacoli per prendere quota. Oltre ai necessari apporti tecnologici (si attende ancora un’infrastruttura che riesca far dialogare i diversi spazi fra loro; per ora è più corretto parlare di singoli metaversi, piuttosto che di un unico metaverso), urge trovare le giuste risposte ai tanti interrogativi di carattere etico, giuridico e sociale. Chi gestirà il metaverso? E come si farà rispettare la legge, soprattutto di fronte alle derive dell’odio ‘da tastiera’, già largamente diffuso sulle nostre piattaforme social? Domande che qualcuno dovrà cominciare a porsi, prima che il metaverso si riduca a una brutta copia del mondo reale.