Giovedì 18 Aprile 2024

Da Alitalia all’Ilva, crisi senza fine

Sono 149 i tavoli aperti al ministero dello Sviluppo. Furlan (Cisl): "Manca una vera strategia di rilancio"

Alcuni aerei della compagnia Alitalia (Ansa)

Alcuni aerei della compagnia Alitalia (Ansa)

Roma, 6 dicembre 2019 - È un autunno caldo, e non solo per l’emergenza climatica. La crescita latita, troppe industrie tagliano posti di lavoro o chiudono. I tavoli di crisi al Mise sono 149, dei quali 102 attivi da più di tre anni. "Siano un Paese fermo, bloccato dalla mancanza di una strategia di politica industriale. Abbiamo troppe vertenze aperte, ci sono migliaia di richieste di esuberi. Se almeno sbloccassimo i cantieri metteremmo in circolo 85 miliardi e 450mila posti di lavoro" attacca la leader della Cisl, Annamaria Furlan. La crisi Ilva – con i 4.700 esuberi entro il 2023 ribaditi da Mittal – è solo la ciliegina su una torta avvelenata. "Respingiamo la proposta – ha ribadito ieri il premier Giuseppe Conte –, lavoreremo agli obiettivi che il signor Mittal si è impegnato con me personalmente a raggiungere. E ci riusciremo". Ma in ambienti ministeriali prevale il pessimismo e si pensa al piano B.

Il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, sta mettendo a punto una contro-proposta, da presentare entro lunedì, per realizzare uno stabilimento siderurgico all’avanguardia. La produzione di acciaio andrebbe oltre gli 8 milioni di tonnellate. Il tutto sarebbe possibile grazie all’ingresso di fondi pubblici. Stessa (reiterata) ricetta per Alitalia, dove il governo ha deliberato un nuovo prestito ponte e la parola è tornata ai commissari. Confermati l’interesse di Delta e Fs, ma servono altri partner. E circolano voci di ‘spezzatini’ con migliaia di esuberi. A Napoli è caldissima la situazione delle Whirlpool: la multinazionale ha congelato la cessione dell’azienda e il licenziamento di 400 lavoratori, ma la questione non è chiusa e il tavolo è riconvocato per gennaio. Il colosso Unicredit, nell’arco del piano 2020-2023, ha annunciato circa 6mila esuberi in Italia.

A Bari, il problema numero uno è lo stabilimento di pompe per diesel della Bosch: il contratto di solidarietà scade a giugno, rischiano 624 addetti. Il declino del diesel è la causa della crisi della Mahle, che vuol cessare la produzione in due stabilimenti piemontesi (La Loggia e Saluzzo), lasciando a casa 453 lavoratori. Trovato un accordo per la vertenza de La Perla, storico marchio bolognese di lingerie che aveva annunciato 126 esuberi, resta aperta invece il caso Mercatone Uno. Dopo il fallimento della Shernon Holding, infatti, è buio fitto per i supermercati low cost: 1.731 gli addetti rimasti, possibile la cessione limitata di alcuni negozi. Problemi anche nella rete commerciale Auchan-Simply-Sma acquisita da Conad-Margherita: si temono almeno 3.100 esuberi.

Di lunghissimo periodo è la crisi della Blutec (ex Fiat) di Termini Imerese, che ha 670 lavoratori in cassa integrazione. Medtronic ha annunciato la volontà di chiudere due stabilimenti Invatec (Roncadelle e Torbole Casaglia) per complessivi 260 lavoratori, il gruppo Dema ha annunciato 213 esuberi su 733 dipendenti. Ancora aperta è la vicenda dell’ex Embraco di Riva di Chieri. Troppe crisi irrisolte e per questo i sindacati hanno annunciato manifestazioni nazionali il 10, il 12 e il 17 dicembre. Perché un Paese che licenzia è un Paese in declino.  

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