
Focus sulle aziende familiari (Archivio)
Roma, 18 aprile 2025 – Continuano a crescere le aziende familiari nel nostro Paese, ma con fatturati inferiori alla media europea e globale e un interesse minore alla quotazione in Borsa. È quanto emerge dall’analisi condotta dalla società internazionale di consulenza e ricerca EY (precedentemente nota come Ernst & young) in collaborazione con la Saint Gallen University: secondo lo studio, l’Italia si colloca al quarto posto nel mondo – al terzo in Europa – tra i Paesi con più aziende familiari incluse nel Global 500 family business index. L’indice, che classifica con cadenza biennale le 500 maggiori aziende familiari a livello globale sulla base dei ricavi, evidenzia una crescita significativa dei ricavi combinati delle realtà italiane (+12% rispetto al 2023).
Crescita delle aziende familiari italiane
I dati registrano, dunque, un incremento nel numero delle aziende familiari presenti nell’indice, con l’ingresso di 4 nuove società, a fronte dell’uscita di 2 realtà incluse nella precedente analisi. Nel 2025, l’indice include 22 aziende italiane, pari al 4,4% del totale a livello globale, con un aumento rispetto alle 20 del 2023. I ricavi combinati delle aziende italiane sono passati dai 160 miliardi di dollari del 2023 ai 179 miliardi di dollari del 2025, segnando una crescita del 12%. C’è un lato negativo: i ricavi medi delle aziende italiane, pari a 8,1 miliardi di dollari nell’indice 2025, risultano significativamente inferiori rispetto alla media europea (16,1 miliardi di dollari) e globale (17,6 miliardi di dollari).
Longevità, distribuzione territoriale e settori
Il 36% delle aziende incluse nel Global 500 family business index ha una storia di oltre 100 anni, a testimonianza della longevità che caratterizza il tessuto imprenditoriale italiano. Guardando alla distribuzione territoriale, la Lombardia si conferma la regione con il maggior numero di aziende familiari incluse nell’indice, con otto società. In termini di ricavi, Piemonte e Lombardia contribuiscono al 58% del totale nazionale. Limitata, invece, la contribuzione delle aziende del centro-sud: solo il 27% delle aziende italiane incluse nell’indice appartiene all’area del centro-sud, con una contribuzione sui ricavi combinati italiani del 23%: l’ennesima conferma che, in quest’area geografica, il tessuto economico-industriale presenta ancora significativi margini di crescita. I macrosettori di riferimento che contraddistinguono le nostre aziende sono 11: tra questi, in particolare, si evidenzia il consumer products (letteralmente, ‘prodotti di consumo’, pari a circa 23% delle società), l’advanced manufacturing (‘manifatturiero avanxato’, pari al 14%) e il retail products (‘prodotti di vendita al dettaglio’, il 14% delle società).
Il ruolo della famiglia fondatrice
Dall’indice emerge che il 31,8% delle aziende italiane è quotato in borsa: un dato inferiore alla media europea (38,4%) e globale (51,8%), a testimonianza di una propensione ancora limitata all’apertura del capitale delle aziende italiane alla Borsa. La presenza delle famiglie fondatrici nella compagine azionaria e nel top management resta forte. Guardando al Cda e al management delle aziende italiane, per circa il 45% delle società un componente della famiglia ricopre la posizione di amministratore delegato, a testimonianza della centralità delle famiglie nello sviluppo di queste realtà.
Attività di M&A (fusioni e acquisizioni)
L’Italia si colloca all’ottavo posto per numero di operazioni ‘sell-side’ (letteralmente, ‘lato vendita’), con un totale di 21 operazioni che hanno riguardato l’acquisizione di società target ed eccellenze del territorio, prevalentemente da parte di operatori non italiani. Il dato è indicativo della presenza di realtà che attraggono l’interesse di investitori esteri. Secondo Massimo Meloni, EY Italy Private leader, “L’analisi dell’index 2025 evidenzia la crescita e la rilevanza delle aziende familiari italiane nel panorama economico globale: l’Italia si colloca al quarto posto dopo Stati Uniti, Germania e Francia. Nonostante le sfide degli ultimi anni e i recenti dazi che hanno introdotto un ulteriore elemento di incertezza, le aziende italiane dimostrano una forte capacità di adattamento al contesto esterno, anche grazie ad una gestione attenta e orientata agli investimenti in tecnologia, ricerca e innovazione. La resilienza e la flessibilità, già dimostrate durante la pandemia, sono ora più che mai qualità cruciali, oltre alla prontezza decisionale”.