Autostrade, Sapelli: "Attenti ai fondi esteri. È la soluzione peggiore"

"Nessun Paese cede un’infrastruttura così strategica". Dopo ArcelorMittal, ecco un altro caso. "Diventiamo come il Sudamerica"

Migration

Dopo i Benetton, i fondi stranieri: professor Giulio Sapelli, come giudica la soluzione che si sta prefigurando per Autostrade?

"È la soluzione peggiore – risponde l’economista e storico –. Non c’è nessuno Stato al mondo in cui un’infrastruttura strategica finisca per essere governata da fondi speculativi, non a cosiddetto ’capitale paziente’. Questo significa consegnarsi a ciò che nei libri viene definito capitalismo estrattivo, cioè quello che va nei Paesi del terzo mondo e preleva tutto ciò che può prelevare di utile e di rendita".

Non le pare di essere troppo pessimista?

"Secondo me l’Italia è messa molto male. Prima l’Ilva in mano alla società franco-lussemburghese ArcelorMittal, ora Autostrade: mi pare che continui la sudamericanizzazione del Paese. Sia ben chiaro: non sono per principio contrario all’ingresso di stranieri, ma far gestire a fondi internazionali che hanno come obiettivo la massimizzazione del profitto un asset strategico, a me non sembra la scelta giusta".

Quali caratteristiche dovrebbero avere i fondi stranieri per non essere unfit, inadatti cioè, ad amministrare infrastrutture strategiche?

"Devono essere fondi tipo Cerberus, che non vogliono fare subito utili. Considero calzante la definizione che il dottor Palermo ha dato per Cassa depositi e prestiti (Cdp): capitale paziente. Ecco, dovrebbero essere un capitale paziente. Questi purtroppo sono impazienti di avere soldi e spesso sono incompetenti".

Avrebbe preferito una cordata di ’capitani coraggiosi’ italiani?

"Ma figuriamoci. Abbiamo visto come è finita con Alitalia. Inutile girarci attorno: nel caso di monopoli come quello di Autostrade, quello pubblico è meno inefficiente di quello privato".

Rimpiange l’Anas?

"Non c’è dubbio che l’Anas di Romano Prodi fosse peggio del monopolio privato. Ma negli altri Paesi civili i monopoli pubblici funzionano bene".

E da noi? Vanno sempre male?

"Non sempre. E soprattutto, non all’inizio, o meglio non fino al 1970: non ci dimentichiamo che è stato grazie all’Iri se è stata costruita l’Autostrada del Sole. O, cambiando totalmente settore, pensiamo alla nostra telefonia prima della privatizzazione: quello italiano era uno dei sistemi migliori al mondo, la prima società a inventarsi la telefonia mobile. Se non l’avessero privatizzata in modo ignobile, avremmo una roba tipo l’At&t americana".

Professore, perché tante privatizzazioni in Italia si sono rivelate fallimentari?

"In tutto il mondo quando si privatizza si fa una legge per liberalizzare, dove si mettono le regole per l’asta. Noi invece abbiamo prima privatizzato, senza passare per le liberalizzazioni, sulla base di affinità clientelari e anche di finanziamenti che i gruppi interessati davano ai partiti".

Quale sarebbe, secondo lei, la formula migliore per risolvere il nodo intricato di Autostrade per l’Italia?

"Secondo me bisognerebbe creare di una società not for profit, un’associazione cioè senza fini di lucro gestita industrialmente dagli amministratori che, una volta pagati gli stipendi e i costi di gestione, reinvestirebbero nella manutenzione e innovazione della rete autostradale".

È un modello che lei sponsorizza da tempo. Qualcuno ha mai tentato di metterlo in pratica?

"Quando ero presidente di Asam tentai di utilizzare questo sistema per la Pedemontana ma non ci riuscii, perché fecero dimettere il mio consiglio di amministrazione per impedirlo. Se utilizzi questa formula, le banche che finanziano le opere ovviamente non servono".

E nel resto del mondo? C’è qualche società not for profit funzionante?

"Ma certo. Ci sono autostrade con questa formula in Florida, in Canada e in Australia".

 

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro