L'aumento dei tassi di interesse costerà alle imprese italiane 15 miliardi di euro

Secondo la Cgia di Mestre, la regione più penalizzata dalla stretta decisa dalla Bce sarà la Lombardia. Il conto solo per Milano e provincia sarà di 2,3 miliardi

La decisione della Banca centrale europea di alzare i tassi di 50 punti base, portando quello principale al 2,5%, è solo l’ultima in ordine di tempo. L’aumento del costo del denaro, infatti, è iniziato a luglio di quest’anno. Una stretta motivata dalla necessità di frenare la corsa dell’inflazione che a novembre nell’Eurozona ha toccato il 10%. L’obiettivo principale della Bce è chiudere i rubinetti del credito per raffreddare l’economia. E, stando alle stime della Cgia di Mestre, sembra esserci riuscita. Anche senza considerare l’ultimo ritocco ai tassi, i rialzi varati nella seconda metà del 2022 comporteranno, tra quest’anno e il prossimo, un aumento degli oneri sui prestiti alle imprese italiane di 15 miliardi di euro. Una cifra monstre, ottenuta ipotizzando un incremento medio del costo del denaro del 2%. In seguito ai rialzi decisi tra luglio e novembre che lo hanno portato da zero al 2%, il valore medio del tasso Bce, ponderato per i giorni, si attesterà intorno allo 0,6%. Considerando che, al 30 settembre, i prestiti erogati alle imprese italiane ammontavano a 749,2, un incremento degli interessi pari al 2% equivale a maggiori aggravi di 14,9 miliardi di euro.

Rialzo dei tassi Bce: gli effetti su mutui, import-export e titoli di Stato

La situazione è molto diversificata a livello territoriale, con alcune regioni, soprattutto quelle nelle quali si concentrano le attività produttive, più colpite di altre. Si tratta di Lombardia, che vedrà un incremento del costo del credito di 4,33 miliardi di euro, il Lazio e l’Emilia Romagna con rincari pari a 1,57 miliardi, il Veneto con 1,52 miliardi e il Piemonte con 1 miliardo. Insomma, quasi i due terzi dei 15 miliardi di euro di maggiore costo dei prestiti che le aziende dovranno sopportare l’anno prossimo saranno sostenuti dalle imprese del Nord Italia. Per quanto riguarda le province, Milano sarà quella più penalizzata. Anche per la forte presenza di imprese, il capoluogo lombardo soffrirà più di altre zone il rincaro del credito. Secondo la Cgia, le aziende che si trovano nella provincia di Milano dovranno sobbarcarsi un aggravio dovuto all’aumento dei tassi pari a 2,3 miliardi di euro. Va un po’ meglio a Roma, dove le imprese subiranno rincari pari a 1,4 miliardi. Per quanto riguarda le altre province, tra le più colpite ci saranno Torino con 567,5 milioni di euro di maggiori costi, Brescia con 524,3 milioni e Bologna con 403,9 milioni di euro. Dall’altro capo della classifica, ovvero tra le province meno toccate dai rialzi dei tassi, si collocano Enna con maggiori costi pari a 9,7 milioni, Isernia con 9,5 e Vibo Valentia con 9,3 milioni di euro.

Certo, gli aumenti dei tassi impatteranno non solo sulle decisioni di investimento delle imprese, che verranno rinviati in attesa di costi minori, ma anche sulla spesa delle famiglie e sul costo del debito pubblico. Tra minori consumi e investimenti ritardati, i rialzi stabiliti da Francoforte contribuiranno a frenare la crescita, che l’anno prossimo si fermerà allo 0,3-0,4%. Ma l’incremento dei tassi di interesse, a meno di eventi eccezionali, continuerà anche nel 2023, secondo un trend crescente che provocherà anche un altro effetto negativo: le banche ridurranno i prestiti anche l’anno prossimo. Stando alle ultime stime elaborate da Ernest & Young, in Italia i prestiti bancari complessivi sono destinati a scendere dell’1,8%. A questa contrazione contribuiranno, seppure in proporzioni diverse, tutti i segmenti creditizi. Quelli ipotecari, ad esempio, dello 0,3%, il credito al consumo dell’1,5% e gli impieghi alle imprese addirittura del 2,8%. Una contrazione che, purtroppo, interesserà tutta Europa. Questa criticità, comunque, è destinata a durare poco. Nel 2024, infatti, nel nostro Paese il credito a famiglie e imprese tornerà ad aumentare complessivamente dell’1,3%.