Atlantia: sì a Cdp "Ma obblighi inaccettabili"

Il gruppo di Aspi: trattiamo senza imposizioni. Ora la parola passa al governo. L’ipotesi revoca

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di Elena Comelli

Sulla cessione di Autostrade per l’Italia (Aspi) al miglior offerente non si torna indietro. Atlantia (che di Aspi detiene l’88%) risponde al governo alla vigilia della scadenza dell’ultimatum, spiegando che "l’imposizione dell’obbligo di cedere Aspi a Cdp esula dalle facoltà riconosciute al Concedente". In altre parole, Atlantia conferma nella missiva al governo, uscita ieri dal cda, che procederà con la vendita di Aspi sul mercato, come i suoi azionisti hanno deciso la settimana scorsa, malgrado le minacce del governo di revoca delle concessioni, reiterate a più riprese sia da esponenti del Movimento 5 Stelle che del Pd. Venerdì, anzi, sarebbe in agenda un consiglio dei ministri che potrebbe decidere la revoca. Ma addirittura il giorno della verità potrebbe essere già oggi: infatti è convocato un Cdm ma senza un ordine del giorno ufficiale; non è quindi escluso che sul tavolo finisca anche questo dossier.

Il procedimento sarebbe lungo e rischioso per entrambe le parti in causa, ma il cui solo spettro ha l’effetto di paralizzare qualsiasi nuovo potenziale investitore che guardi ad Aspi. Il gruppo sa di avere appigli giuridicamente solidi per contestare la revoca, ma il danno ci sarebbe comunque.

Atlantia non concede dunque nessuna manleva sulle eventuali richieste di danni indiretti conseguenti alla caduta del Ponte Morandi, un’operazione impossibile per una società quotata, che deve rispondere a una platea articolata di azionisti. Atlantia, infatti, è controllata dai Benetton solo con il 30,25% delle azioni in loro possesso. Il 69,75% è composto da investitori americani, inglesi e italiani, fra cui il secondo azionista con l’8,14% è Gic (fondo sovrano del governo di Singapore), il terzo con il 5,12% è Blackrock, il quarto con il 5% è l’inglese Hsbc, il quinto è la Fondazione della Cassa di Risparmio di Torino.

Nella missiva, Atlantia precisa che la propria posizione è sempre stata di essere disponibile alla cessione della controllata Aspi attraverso "un’operazione di mercato, a garanzia di tutti gli stakeholder di Atlantia e di Aspi, inclusi gli investitori retail e istituzionali, nazionali e internazionali". Ma, aggiunge, "è di tutta evidenza che la cessione potrà essere conclusa a reali condizioni di mercato solo a valle della formalizzazione di un accordo transattivo tra Aspi e il ministero delle Infrastrutture e Trasporti, nonché dal raggiungimento di un’intesa sul quadro regolatorio e tariffario, presupposto indispensabile per la bancabilità degli investimenti oltre che per l’attrattività nel lungo termine di Aspi per gli investitori".

La cessione dell’88% di Aspi potrà avvenire in due modalità: una sorta di vendita all’asta oppure scissione e successiva quotazione. L’ipotesi che circola è quella di includere nel prezzo i rischi finanziari legati all’iter processuale sulla tragedia di Genova, praticando uno sconto sulle valutazioni correnti. Prima del crollo del Ponte Morandi, Aspi veniva valutata 14,5 miliardi, mentre nelle trattative fra Cdp e Benetton il valore era sceso intorno agli 11 miliardi di euro.

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