Sempre meno bebè. E l’Italia invecchia. Il governo accelera: cambia l’assegno unico

Il calo demografico non si arresta. A rischio l’economia e la tenuta sociale. La ministra Roccella: "Pronti a ritoccare il sussidio per i nuclei numerosi"

La ministra per la Famiglia e la natalità, Eugenia Maria Roccella (Imagoeconomica)

La ministra per la Famiglia e la natalità, Eugenia Maria Roccella (Imagoeconomica)

Bologna, 13 novembre 2022 - Culle sempre più vuote. Stando alle stime dell’Istat, il calo demografico nel Belpaese è un fenomeno ormai inarrestabile. I dati del 2022 tracciano un nuovo record negativo, che si attesta intorno alle 385mila nascite, superando il bilancio già magro dello scorso anno (399mila nuovi nati, contro 709mila decessi). Di questo passo – affermano gli esperti – tra 30 anni un terzo dei connazionali avrà più di 65 anni e, nel giro di un cinquantennio, la popolazione italiana scenderà sotto i 50 milioni. Quale sarà l’impatto sulle nostre vite?

"Di sicuro è in corso un processo di invecchiamento progressivo e irreversibile, definito spesso ‘Inverno demografico’, – spiega Angela Paparusso, demografa e ricercatrice del Cnr – dovuto a un bassissimo tasso di fecondità, pari attualmente a 1,25 per donna. Un indice molto al di sotto di 2,1, che rappresenta la cosiddetta ‘soglia di rimpiazzo’, cioè il numero di nascite necessario per compensare i decessi e garantire la stabilità dimensionale della popolazione. Tendenza comune a tutti i Paesi d’Europa, in Italia più marcata che altrove".

La pandemia ha dato, se possibile, il colpo di grazia. "Durante il primo lockdown circolava l’idea che l’isolamento forzato avrebbe fatto nascere più bambini. Previsione rivelatasi errata, perché alla fine hanno pesato di più le paure e la crisi economica conseguente il virus. Il tasso di fecondità è rimasto quindi sostanzialmente stabile: 1,27 nel 2019, 1,24 nel 2020 e 1,25 nel 2021", conferma l’esperta.

Le proiezioni statistiche anticipano che la diminuzione delle nascite si ripercuoterà negativamente anche sull’economia e l’occupazione, generando una contrazione della produzione, dei consumi e del prodotto interno lordo. Con gravi conseguenze sulla tenuta del welfare e del sistema pensionistico.

Il presidente dell’Istat, Carlo Blangiardo, ha preconizzato che nel 2070 si arriverà a registrare un calo del 30% rispetto agli attuali 1.800 miliardi di Pil. Tradotto in cifre, 560 miliardi in meno.

"Le conseguenze dell’invecchiamento demografico non vanno considerate soltanto da un punto di vista sociale – sottolinea Paparusso –, ma messe in relazione alla perdita di competitività economica. Servono aiuti ‘ad hoc’ per agevolare le famiglie e un cambiamento culturale che porti a una divisione più equa dell’accudimento dei figli all’interno della coppia. Da questo punto di vista le donne in molte regioni d’Italia risultano ancora penalizzate".

Occorre quindi ripensare profondamente le politiche per contrastare il fenomeno, anche seguendo l’esempio di altri Paesi europei che sono riusciti a invertire la tendenza.

La questione è tra le priorità del ministro della Famiglia, Natalità e Pari opportunità, Eugenia Roccella che ieri – ospite del Forum delle famiglie, insieme al presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi – ha annunciato: "Stiamo pensando a misure di sostegno economico per incentivare la crescita demografica, che ci vede fanalini di coda nel mondo. Daremo presto un primo segnale, ritoccando l’assegno unico per le famiglie numerose. Ho già convocato l’Osservatorio per correggere le storture di un buon provvedimento che già superava i bonus, ma che implementeremo".

L’Assegno Unico e Universale (AUU), varato lo scorso marzo dal vecchio esecutivo, aveva di fatto rimpiazzato gli assegni ai nuclei familiari, le detrazioni per i figli a carico e i vari bonus una-tantum. "Il benefit – puntualizza la demografa – viene erogato dal settimo mese di gravidanza al compimento della maggiore età ed esteso fino ai 21 anni se i figli sono ancora a carico. L’importo oscilla dai 50 ai 175 euro mensili, in base all’ Isee. Un valido aiuto che però non basta. Bisognerebbe incentivare i congedi straordinari per entrambi i genitori e la flessibilità da parte dei datori di lavoro nella concessione del part time, senza che questo penalizzi la prosecuzione della carriera. Cosa che avviene in altri Paesi europei, come Svezia e Francia, dove si registrano livelli di fecondità tra i più alti d’Europa".

Altro tema caldo gli asili nido, in Italia scarsi e costosi, da promuovere anche all’interno dei luoghi di lavoro. "Una scelta praticata di frequente all’estero che si è rivelata vincente per facilitare le mamme e i papà nel loro compito", conclude Paparusso.