
Alessandro Rosina
Roma, 19 giugno 2025 – Professor Rosina, l’Italia invecchia, si spopola e per la prima volta le badanti superano le colf: il futuro dell’inverno demografico è già presente. Quale è lo scenario attuale di fronte al quale ci troviamo?
“L’Italia invecchia, sì, come tutte le altre società mature avanzate, perché si vive più a lungo. La sfida comune è quella di trasformare la quantità di anni in più che si aggiungono in qualità di vita da vivere – spiega Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia alla Cattolica di Milano –. Dobbiamo mettere basi solide alla società della longevità verso cui stiamo andando. Per farlo è necessario investire nelle condizioni che consentono alle persone di tenersi salute e attive a lungo, perché questo migliora il loro benessere individuale e rende anche più sostenibile il sistema di protezione social”.
Come farlo?
“Per investire in tale direzione è necessario che non si riduca troppo la popolazione in età lavorativa. E questo è il punto dolente del nostro Paese. A causa di una accentuata e persistente denatalità, stiamo subendo, più degli altri Paesi con cui ci confrontiamo, un indebolimento della popolazione nelle età da cui dipende la crescita economica, il finanziamento e il funzionamento del sistema di welfare pubblico”.
Quali sono, allora, le prospettive per i prossimi due decenni almeno?
“Da qui ai prossimi 25 anni la popolazione italiana continuerà a diminuire, ma ciò non avverrà in modo omogeneo in tutte le età e in tutto il territorio. Perderemo oltre 4 milioni di residenti, ma gli over 75 aumenteranno di un ammontare analogo. A ridursi sarà soprattutto la popolazione in età lavorativa, tra i 25 e i 64 anni, che perderà circa 6 milioni di persone. A subire i maggiori squilibri saranno i territori più fragili, in particolare il Mezzogiorno e le aree interne del Paese”.
Come è cambiata e come cambierà, in questo contesto, la famiglia?
“La famiglia italiana non è più quella dei primi decenni del secondo dopoguerra. È diminuito il numero di componenti, si sta riducendo la forma tradizionale formata da due genitori con figli, mentre crescono i nuclei formati da un unico genitore con figli e da anziani che vivono soli. Nel complesso si sono indeboliti sia i legami orizzontali, con l’aumento dell’instabilità di coppia, sia quelli verticali, per la denatalità. L’aumento della popolazione anziana non autosufficiente ha meno possibilità di trovare risposta nelle reti familiari informali di aiuto intergenerazionale”.
La famiglia (con nonni e zii) come soggetto di welfare non c’è e non ci sarà più?
“Il centro della famiglia come welfare informale erano le donne adulte e le nonne. La riduzione del numero di figli, l’aumento dell’occupazione femminile e la mobilità geografica per lavoro, riducono fortemente il ruolo femminile nelle attività di cura. Questo, assieme alla carenza di servizi per l’infanzia e di servizi di assistenza domiciliare per gli anziani non autosufficienti, porta le famiglie a compensare con il welfare “fai da te” di colf, baby sitter e badanti”.
L’Italia, dunque, ha e avrà bisogno più di badanti che di colf: come fronteggiare questa emergenza anche dal punto di vista migratorio?
“Se le famiglie sono in difficoltà a causa della carenza di adeguati servizi di welfare pubblico possono rinviare o rinunciare ad avere un figlio in più, ma non possono rinunciare a rispondere alle esigenze di un genitore anziano non autosufficiente. Rischiamo, però, così di diventare Paese con sempre meno nascite, con persone sempre più in difficoltà a vivere la longevità come sfida positiva, con famiglie che subiscono il carico di una società che invecchia peggiorando la propria condizione di benessere”.
Che fare per scongiurare questa prospettiva?
“Non è un destino ineluttabile. Politiche che favoriscano la natalità, che gestiscono in modo positivo l’immigrazione, che garantiscono servizi alle famiglie di qualità, che promuovono una lunga vita attiva in salute sono possibili. Agire in tale direzione non è un costo, ma un investimento che consente di realizzare una società della longevità in cui vivere bene in tutte le età della vita. L’alternativa è andare incontro a squilibri crescenti sempre meno sostenibili”.