Un vulcano tutto da bere I vini dell’Etna crescono

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L’ISOLA NELL’ISOLA si stende elegante e preziosa ai piedi, e in parte la risale, della Muntagna, come i siciliani amano chiamare l’Etna, che nella sua bellezza superba ed eterna, esibisce il pennacchio di fumo a volte confuso con le nuvole in un indecifrabile gioco a nascondino e a volte che sale ritto verso il cielo. Intorno al vulcano si stende un immenso giardino di aziende vitivinicole che negli ultimi trent’anni ha fatto passi da gigante sia sul piano della qualità enologica, sia sul piano della sostenibilità economica. I vini della Muntagna sono oggi un’area felice nel panorama enologico siciliano che già vanta una forte identità internazionale. Fino a trent’anni fa questi terreni erano scarsamente coltivati a vigneto, poche erano le aziende di qualità. Poi poco alla volta la crescita fino alla consapevolezza che la terra ai piedi dell’Etna è un valore dotato di una propria identità. Un’isola nell’isola appunto.

Oggi il Consorzio vini dell’Etna comprende 180 produttori di piccole, medie e grandi dimensioni, tutti uniti in unico sforzo organizzativo e di marketing, che producono 4 milioni e mezzo di bottiglie l’anno con tendenza all’aumento. Circa il 90% delle aziende va dai 2 ai 5 ettari. Nel panorama vitinicolo dell’isola, oggi composto da 23 Doc e Docg, la Denominazione controllata Etna, nata nel 1968 e oggi sotto la presidenza di Francesco Cambria, è la più antica. Nel 2021 sono stati imbottigliati nell’area della denominazione circa 33.921 ettolitri. La tipologia Etna rosso (nella foto a sinistra) è la locomotiva del Consorzio con 18.203 ettolitri a cui si aggiungono 199 ettolitri di Etna rosso riserva. Seguono l’Etna bianco (11.216 ettolitri), l’Etna rosato, fiore all’occhiello che impreziosisce la produzione (2.666 ettolitri), Etna spumante riserva bianco (748 ettolitri), Etna bianco superiore (446 ettolitri) e Etna spumante rosato (440 ettolitri). Il vulcano non è solo un’icona buona per il marketing perchè nella qualità delle uve possiede un ruolo fondamentale. Il vulcanologo Mauro Coltelli (nella foto a destra) spiega che i lapilli, cioè il pulviscolo vulcanico che nelle ere geologiche si è depositato al suolo, conferisce alla terra due proprietà fondamentali: la permeabilità alla pioggia e la nutrizione del terreno. I venti provenienti dal mare e l’escursione termica fra giorno e notte (fino a 25 gradi) nei vigneti che da 300 metri di altitudine si arrampicano fino a 800 metri fanno il resto. La Muntagna, dunque è anche nutrizione. La particolare pedoclimatica del territorio vulcanico poi imprime ai vigneti una grande variabilità da contrada (i poderi) a contrada (il disciplinare ne riconosce 133) caratterizzate dalle coltivazioni sulle nere terrazze di pietra lavica delimitate dai caratteristici muretti a secco.

Una viticoltura disposta su tutti i quattro lati del vulcano ancora eroica, dove la raccolta è tutta rigorosamente a mano. L’età di queste vigne sospese fra tradizione e modernità è in alcuni casi centenaria con impianti che sono fra i più vecchi d’Italia. La forma storica più usata è quella ad alberello accanto alla classica spalliera. Le uve sono rigorosamente autoctone con Nerello mascalese e Nerello cappuccio per rossi, rosati e spumanti, Carricante e Catarratto per i bianchi. Gli imprenditori di questa nicchia siciliana che si sta facendo largo in Europa sono in parte discendenti di famiglie, anche di quinta generazione, che già coltivavano la vigna, o professionisti innamorati della viticoltura che hanno lasciato la professione per dedicarsi alll’enologia. Parte dei terreni fino agli anni Ottanta erano semi abbandonati o coltivati senza ricerca di qualità.Oggi sono una terrazza elegante che guarda il mare blu di Sicilia.