Giovedì 18 Aprile 2024

Il disaccoppiamento e la nascita della nuova politica Ue

Il commissario Ue all’agricoltura, Janus Wojciechowski

Il commissario Ue all’agricoltura, Janus Wojciechowski

IL MECCANISMO cosiddetto del ‘disaccoppiamento’, previsto ed introdotto nel 2003 con la riforma della Politica Agricola Comune (nella foto, il commissario Ue all’agricoltura, Janus Wojciechowski), ha cambiato le basi del sostegno diretto e perciò ha rappresentato una riforma ed una svolta sostanziale nella strategia di intervento in tema di ambiente. Di fatto, dalla sua introduzione, gli agricoltori non sono più, paradossalmente, tenuti a produrre merci alimentari per avere diritto al contributo economico comunitario destinato a integrare il proprio reddito ma solo a mantenere la terra in buone condizioni ambientali e agricole. Vengono così immaginati come una sorta di giardinieri del territorio, guardiani e custodì di beni collettivi quali il paesaggio, l’ambiente, la fruizione ludica, servizi che vengono pagati perché la collettività possa utilizzare le esternalità positive che gli agricoltori producono.

Mentre in passato l’azienda agricola riceveva un sussidio per quantità di merce prodotta (generando con ciò la follia di una sovraproduzione di beni agricoli distrutti per evitare che immessi contemporaneamente sul mercato facessero precipitare i prezzi), oggi il coltivatore riceve un sostegno basato su un regime di pagamento unico. Gli Stati membri hanno avuto una certa libertà di scegliere come adottare questo meccanismo. Francia e Italia hanno scelto un pagamento specifico per azienda (basato sui livelli storici di produzione agricola). In altri Paesi si è scelto un sistema regionalizzato con gli agricoltori che ricevono pagamenti identici per ettaro all’interno di una regione. In Svezia e Germania una combinazione di entrambi. Ma la vera rivoluzione, comune a tutte le modalità, è che i pagamenti non sono correlati al volume della produzione di merci. Piuttosto, gli agricoltori percepiscono i cosiddetti diritti all’aiuto sia in base alla superficie dei terreni agricoli che possiedono sia soprattutto nel modo in cui si impegnano a mantenere il territorio in buone condizioni ambientali e agricoli. Questo obbligo è chiamato tecnicamente condizionalità. In altre parole, potrebbero evitare di produrre beni agricoli ma devono produrre esternalità che, nella sua forma più semplice, implica per esempio lo sfalcio dei prati su base annuale. Da qui è nata la politica agro- ambientale della Ue che nel tempo ha ampliato l’elenco degli obblighi previsti nella condizionalità, quali produzioni a minor impatto ambientale, equità nelle retribuzioni, rispetto delle risorse naturali.

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