Giovedì 25 Aprile 2024

Avicoltura, suona l’allarme per i prezzi dei mangimi

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POLLI, TACCHINI, conigli sono tra le carni più consumate dagli italiani. Un altro primato delle cosiddette ‘carni bianche’ è di rappresentare un comparto pienamente autosufficiente, uno dei pochi del nostro agrifood. Ma il presidente di Unaitalia, l’associazione che rappresenta oltre il 90% della produzione avicola nazionale, Antonio Forlini avverte: "Fino ad oggi il settore ha tenuto testa alla crisi grazie al suo alto livello di integrazione verticale, ma siamo molto preoccupati per il futuro. I cambiamenti dello scenario mondiale, a livello sanitario, politico ed economico ci stanno insegnando l’importanza della sovranità alimentare e dell’accesso al cibo. E che non possiamo più dare per scontata la nostra autosufficienza, oggi al 108,4%".

Sì perché l’avicoltura, unica filiera zootecnica totalmente made in Italy (ad esclusione del solo approvvigionamento delle materie prime per la mangimistica) è tra i settori più colpiti dall’aumento delle materie prime e dell’energia: nel 1° trimestre 2022, a fronte di un aumento generalizzato dei costi agricoli del 18,4%, la carne avicola ha registrato incrementi dei costi produttivi del 21,1% per la carne e del 50% per le uova (dati Ismea). Ad incidere maggiormente è il costo vertiginoso dei mangimi, che assorbono il 60% dei costi di produzione, aumentati del 33% nel primo trimestre 2022 e di un ulteriore 40% ad aprile su base annua. In particolare, solo ad aprile 2022 il mais è cresciuto del 59%, la soia del 15% e l’orzo del 90%. Il danno è di oltre 800 milioni di euro bruciati in un anno, di cui 450 solo nella fase agricola. "Sui prezzi delle materie prime – insiste Forlini – dobbiamo però essere chiari: oltre che ad aumenti derivanti dal conflitto Russia-Ucraina, dalla corsa all’approvvigionamento preventivo da parte della Cina ed alle difficoltà di produzione legate ai cambiamenti climatici, siamo di fronte a dinamiche speculative, in atto da quasi 2 anni, che devono essere fermate. I dati forniti dal CFTC Usa dimostrano infatti come i rincari su grano, mais e soia siano anche legati all’ingresso, da metà 2020, di investitori "non commerciali" nel mercato delle materie prime. Da allora i prezzi sono arrivati ai massimi storici, con valori raddoppiati rispetto alle medie del 2015-2020". Con 6.000 allevamenti professionali e 64mila addetti (38.500 nella fase di allevamento e 25.500 addetti alla trasformazione), l’Italia nel 2021 ha prodotto 1.374.000 tonnellate di carne (-1,14% sul 2020), pari al 108% dei consumi.

Complessivamente il settore vale 5,9 miliardi di euro (4.830 milioni per le carni e 1.070 milioni per le uova). In ripresa l’export delle carni (+8,3%), soprattutto il pollo, passato a 131mila tonnellate (+12,2%). La carne di pollo rimane di gran lunga la carne più consumata dagli italiani, anche nel 2021: il 72% lo mangia almeno una volta alla settimana, al pari di carne e pesce, seguita a lunga distanza da manzo (54%), maiale (50%), vitello (46%). In media il pollo è consumato quasi 2 volte a settimana (dati Doxa 2021). "Le aziende e le cooperative che operano nel settore avicolo – spiega Carlo Piccinini, neopresidente di Fedagripesca Confcooperative – hanno bisogno di sopperire alla mancanza di mais e soia destinati all’alimentazione zootecnica, emersa con forza in seguito al conflitto russo-ucraino. Siamo deficitari per il 75% di soia e per l’80% di olio di semi di girasole". Perciò "sosteniamo la richiesta avanzata alla Commissione Ue dall’Italia di prorogare la deroga all’uso dei terreni a riposo, prevista solo per il 2022, con l’obiettivo di aumentare le produzioni cerealicole e proteiche per l’alimentazione degli animali".