Agripat, una lunga missione per l’eccellenza «Le priorità sono rapidità e semplificazione»

È il baricentro del sistema pataticolo emiliano

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Un prodotto d’eccellenza che nasce dalla terra, anzi, sotto di essa, e che nel Bolognese, dal 1979, germoglia in un clima di collaborazione tra agricoltori, distributori e amministratori. Parliamo delle patate e, nello specifico, di quelle targate Agripat, la cooperativa di produttori presieduta, dallo scorso anno, da Matteo Todeschini.

Come nasce Agripat?

«Sul finire degli anni settanta, in presenza di un quadro normativo propizio alla costituzione di forme associative in Emilia Romagna sono state costituite le due OP ASSOPA e APPE. Nel 2017 i soci di APPE ed ASSOPA si sono unite per dare vita ad Agripat, che è oggi il baricentro del sistema pataticolo regionale».

Quali attività conduce Agripat per i propri associati ?

«Agripat svolge assistenza nell’applicazione dei disciplinari di produzione. Stipula il contratto quadro regionale e partecipa alla commissione paritetica per la definizione dei prezzi (Borsa Patate di Bologna) agendo nell’interesse di circa mille soci, tra diretti e indiretti. Esegue ricerche e sperimentazioni nell’ambito di programmi finalizzati alla valorizzazione della pataticoltura. Partecipa attivamente al Consorzio Patata Italiana di Qualità ( detentore del marchio Selenella) e al Consorzio di Tutela per la Patata di Bologna DOP.

Selenella e Patata di Bologna Dop : due marchi di successo. Ci dice qualcosa sulla loro genesi?

L’intuizione fu quella di segmentare l’offerta attraverso la costituzione di due consorzi: uno che possedesse la certificazione Dop a tutela della varietà Primura coltivata nel bolognese e uno che agisse nel settore degli alimenti funzionali alla salute, grazie alla patata al Selenio. Tutto questo si è potuto realizzare grazie all’illuminata collaborazione tra mondo della produzione, cooperazione e operatori privati».

Innovazione tecnologica, tracciabilità e sostenibilità ambientale: come si pone Agripat su questi temi ?

«Il territorio esprime da tempo un’elevata professionalità di produttori che seguono le colture con tecniche innovative ed in costante evoluzione. Quanto alla tracciabilità, Agripat ha avviato un progetto che prevede l’utilizzo di un sistema con isotopi, proprio per fornire ai consumatori certezze sull’origine del prodotto. Sulla sostenibilità penso che i pataticoltori abbiano fatto molto sin dalla prima ora, adottando tecniche di lotta integrata ancor prima che questo divenisse un prerequisito indispensabile. I pataticoltori sono spesso i primi ad avere a cuore la cura del territorio in cui vivono e lavorano e nel tempo hanno affrontato un percorso nel quale si sono visti imporre costi, adempimenti, certificazioni e restrizioni delle difese fitosanitarie. Sull’altro versante il mondo della distribuzione che richiede ai sistemi di filiera sostenibilità é spesso lo stesso soggetto che quando acquista privilegia il basso prezzo, mettendoci a sua insaputa in competizione con produzioni che sono ben lontane dal possedere questi requisiti. Questo atteggiamento porta poi la Gdo a sottoporci proposte economiche penalizzanti, e questo non va bene, perché il costo della sostenibilità non può e non deve gravare sulle sole spalle dei pataticoltori».

Quali sono le istanze che il mondo produttivo pone al mondo della politica ?

«Due priorità: semplificazione e rapidità. Per semplificazione intendo uno sgravio dai troppi adempimenti che incombono sugli agricoltori. Per rapidità intendo velocità nel rispondere alle richieste di aggiornamento delle norme. Ad esempio : da tempo attendiamo dal ministero un via libera per l’utilizzo di un prodotto a base di olio di girasole, bloccato per motivi a noi sconosciuti. Ritengo che il nostro mondo produttivo stia pagando lo scotto di un lungo periodo durante il quale le stesse rappresentanze agricole non hanno sempre saputo interpretare le reali necessità degli agricoltori e delle filiere organizzate. I pataticoltori associati auspicano dunque, e non da ieri, un confronto sempre più diretto e pragmatico tra il mondo della politica e le filiere reali finalizzato a costruire, in un’ottica di medio e lungo termine, unità di azione a livello produttivo, organizzativo e commerciale, nella consapevolezza che la sola propaganda demagogica e il continuare a procedere in ordine sparso senza costruire politiche agricole di lungo termine li danneggia significativamente».

Scrutando l’orizzonte, quali saranno i fronti di investimento e di crescita tecnologica ?

«La sfida per il futuro é ottenere un prodotto a livello della tradizione, per caratteristiche e sapore, utilizzando sempre più tecniche a basso impatto ambientale. Particolare attenzione sarà rivolta anche agli imballaggi, che dovranno essere sempre più eco-friendly. Sarà un modello di crescita nell’interesse di tutti, che introdurrà tecniche per le quali, in principio, non sarà facile ottenere economie di scala, pertanto sarà possibile assistere ad un lieve aumento del costo finale del prodotto al consumatore».

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