Mercoledì 24 Aprile 2024

Agricoltura italiana ricca, ma fatta da ‘poveri’

di Davide Gaeta

La presentazione dell’Annuario dell’Agricoltura Italiana ad opera del Crea del ministero dell’Agricoltura, sebbene riferito all’annata precedente alla pandemia 2019, è un appuntamento utile per fotografare il sistema agro-alimentare italiano nei suoi punti di forza e debolezza. La filiera allargata, dall’agricoltura fino al commercio e ristorazione, vale un sesto del Pil italiano, con più di 522 miliardi di fatturato. Scomponendo questo aggregato, nel 2019, la quota dovuta alla produzione agricola è stata di 57,3 miliardi, frutto del lavoro di 1,5 milioni di aziende agricole, non tutte produttive per il mercato; il 36% dichiara di avere rapporti saltuari di vendita e quasi un terzo delle imprese sono destinate all’autoconsumo. Solo il 27% vanta rapporti stabili con il mercato ma rappresenta il 75% della produzione complessiva. Predominano, con il 50%, le coltivazioni, mentre il 29% è rappresentato dagli allevamenti e la restante parte dalle attività di supporto.

Tra i dati forniti dall’Annuario vi sono diverse chicche interessanti. Le produzioni Dop e di qualità, per esempio, si confermano dinamiche con un valore di 17 miliardi (+4%). La crescita delle attività connesse all’agricoltura, oltre un quinto del valore della produzione agricola, con l’agriturismo in aumento (dati purtroppo 2019) del +3,3% in valore e +4,1% in numero di aziende. Le esportazioni che sono state ancora una volta motore dello sviluppo, cresciute del +0,8% in valore, a fronte di un -4,4% nell’import. Il direttore del Crea, Stefano Vaccari, ha definito l’agricoltura italiana la più ricca d’Europa come valore aggiunto sebbene su di una superficie agricola che è la metà di quella francese e spagnola; in sintesi ricca ma fatta da agricoltori poveri.

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