Milano, 6 maggio 2014 - La Svizzera, insieme ad altri Paesi Ocse, ha firmato l’accordo per lo scambio automatico di informazioni in materia fiscale, presupposto per mettere fine al segreto bancario. "Il segreto bancario ai fini fiscali sta arrivando al termine dal momento che i Paesi e i principali centri finanziaria si sono impegnati allo scambio automatico di informazioni tra le varie giurisdizioni".

In altre parole, si dà l'addio al segreto bancario e si stringe il cerchio intorno agli evasori che avevano fatto della federazione elvetica il loro paradiso fiscale nella vecchia Europa.
Una mossa in qualche modo attesa, ma non per questo meno epocale: la Svizzera stava lavorando da tempo, portando avanti trattative sia con i singoli Paesi, a cominciare dall’Italia, che a livello internazionale. Per questo il criterio essenziale per aderire è quello della reciprocità e della ricerca di "soluzioni adeguate" per gli asset fino ad oggi non soggetti a tassazione.

L’intesa, siglata a Parigi in occasione dell’ interministeriale Ocse, riguarda tutti i 34 Paesi aderenti all’organizzazione, ma anche Stati non membri, fra cui Singapore, Cina, Brasile e Costa Rica. Altri, come Panama e Dubai, potrebbero seguire nei prossimi mesi, almeno per evitare di finire nella lista nera che l’Ocse si appresta a stilare entro la fine dell’anno e che comporterà anche sanzioni da parte del G20.

"L’impegno da parte di tanti Paesi per adottare i nuovi standard globali, e farlo velocemente, è un altro passo avanti per assicurarsi che le frodi fiscali non avranno più un luogo dove nascondersi", ha spiegato il segretario dell’Organizzazione, Angel Gurria, usando toni espliciti contro gli evasori: "La frode fiscale e l’evasione - ha insistito - non sono crimini senza vittime: privano i governi di entrate necessarie per far ripartire la crescita e minano la fiducia dei cittadini nell’equità e integrità del sistema fiscale".

L’accordo di oggi non fissa alcun termine entro il quale adeguarsi concretamente agli standard internazionali di scambio automatico, ma la data ultima indicata negli accordi precedenti per riportare nel paese di origine i dati degli investitori e’ stata finora quella del settembre 2017. La richiesta di informazioni potrà comunque iniziare a partire da dicembre del 2015.

Il decreto in materia varato dal governo Letta a inizio gennaio è stato poi stralciato alla Camera, in attesa di una ridefinizione in un ddl di iniziativa parlamentare che potrebbe ora registrare un’accelerazione proprio grazie alle novita’ in arrivo da Berna.