Roma, 16 febbraio 2014 - "Capisco l'esigenza di voler vedere dei risultati, capisco meno il non voler leggere dei risultati che ci sono già stati". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni nel corso di un'intervista con Maria Latella a Sky Tg24. La staffetta tra Renzi e Letta "è una scelta politica del Paese che ha scelto di accelerare il passo della politica economica soprattutto e lo capisco perché l'economia italiana viene da un periodio di grande recessione durato molto a lungo e di forte incertezza politica", ha aggiunto. Quello che Saccomanni capisce meno è il risentimento cronico contro chi amministra le finanze del Paese.  

'COME UNA PETROLIERA' - "Si è creata nel paese una situazione di crescente impazienza - spiega Saccomanni - perché si vogliono vedere risultati rapidi per la crescita dell'economia, per l'assorbimento della disoccupazione giovanile. Si tratta di esigenze che io stesso condivido e perle quali mi sono battuto. Però bisogna anche capire che l'Italia è come una grande petroliera che non può virare in un momento. Ci vuole un lavoro costante che sta producendo i risultati che volevamo e che deve poter continuare. Per questo è importante che si facciano le cose che noi abbiamo già impostato: sul piano del rilancio dell'attività economica che sul piano delle riforme strutturali".

I BALLETTI DEL RATING - Secondo Saccomanni, il giudizio positivo di Moody's sull'Italia "sarebbe potuto venire ben prima, diciamo che poteva essere opportuno alla fine dell'estate. A luglio e agosto - dice il ministro - era chiaro che la finanza pubblica era in ordine, c'era il consenso europeo, non c'era più nessun rischio". E invece - anche se questo Saccomanni non lo dice ma probabilmente lo pensa - ora sarà il suo successore a godere del lavoro fatto.

'MINISTERO DEL NO' - Compito ingrato montar la guardia al Tesoro e Saccomanni spiega perché: "L'ultimo vero politico - dice Saccomanni - uno da 200 mila preferenze, è stato Emilio Colombo negli anni Settanta. Da allora ci sono stati tecnici come Stammati, Ciampi, Dini, Padoa Schioppa, o dei politici un po' anomali come Andreatta, Pandolfi e Tremonti. La politica vera preferisce occuparsi di altre cose, perché questo è il ministero del no". Segue difesa dei tecnici ministeriali: "La burocrazia è un corpo di persone dedicate alla gestione ordinata della finanza pubblica. E sono persone molto attente ad evitare che ci siano confusioni nel passaggio delle norme dalla fase legislativa a quella attuativa". 

PACCHETTO CHIUSO - Deficit e debito, eterni problemi. "La polemica sul tetto del 3% è sterile" e "obiettivamente nessun Paese" ha sin qui proposto "di cambiare il Fiscal Compact, un trattato che l'Italia ha ratificato e messo in Costituzione". Per carità, "si può sempre provare - osserva il ministro uscente -, però la situazione di partenza non è molto incoraggiante". Invece "bisogna insistere perché l'Europa adotti tutti gli strumenti che ha a disposizione, sia col bilancio comunitario che la Banca Europea degli Investimenti per dare un segnale forte di sostegno all'attivita' economica, tralasciando la sterile polemica sul tetto del 3%". Anche perché "l'Italia ha debito alto e se sfondiamo il 3% il debito tornerà a crescere".

BAD BANK - E la bad bank? "Non la pagheremo noi contribuenti - spiega Saccomanni a SkyTg24 -. Il governo è favorevole a che il mercato, le imprese, le banche creino delle strutture, anche consortili, che mettano insieme più banche, per togliere dai bilanci questi crediti in sofferenza, per gestirli in modo più commerciale che burocratico. Io credo che le banche in Italia siano perfettamente in grado di farlo". Le banche italiane - secondo Saccomanni - "sono in grado di gestire eventuali shock avversi senza bisogno di interventi pubblici".