Roma, 4 gennaio 2014  - È PARTITA la rivalutazione per tutte le pensioni, sia pure con effetti limitati per le tasche dei pensionati. Ma è stato avviato anche un nuovo contributo di solidarietà a carico delle rendite d’oro sopra i 90mila euro. E ancora: estensione della salvaguardia ad altri 23mila esodati; e blocco dell’aumento dei contributi per i titolari di partita Iva iscritti alla gestione separata Inps, con l’aliquota che resta ferma al 27 per cento.


Sono queste le novità previdenziali per il 2014 contenute nella Legge di stabilità che si affiancano ai cambiamenti più strutturali derivanti dalla riforma Fornero del 2011 in materia di età pensionabile. Rivalutazione sì, ma per pochi euro. Come sappiamo l’inflazione incide anche sul valore della vostra pensione. E, proprio per scongiurare che con il passare del tempo la vostra rendita, così come determinata al momento del pensionamento, perda potere d’acquisto, è stato predisposto un meccanismo di salvaguardia che prende il nome di perequazione o rivalutazione automatica e che indica esattamente l’adeguamento periodico di quanto percepite all’aumento del costo della vita.


È automatico nel senso che agisce senza bisogno di una vostra domanda. In pratica, l’Istat determina la percentuale di incremento del livello dei prezzi da un anno all’altro e il vostro istituto vi eroga, da quel momento in avanti, la pensione aumentata di quella percentuale. In realtà, nel corso degli ultimi decenni, la leva della rivalutazione è stata ampiamente utilizzata — secondo diverse modalità — per realizzare risparmi per le casse dello Stato.
Il che ha comportato l’avvicendarsi di regole variabili che hanno agito con effetti mutevoli sulla reale tutela del potere d’acquisto delle vostre pensioni. Per gli anni 2012 e 2013, in particolare, ha avuto la meglio una regoletta molto secca e drastica, figlia anch’essa della riforma Fornero: l’aumento del costo della vita è stato attribuito per il 100% solo alle pensioni fino a tre volte il cosiddetto trattamento ‘minimo’ Inps. Punto. Per le altre zero adeguamento.


Per il 2014 parte la rivalutazione anche per le pensioni superiori a tre volte il ‘minimo’ e, dunque, superiori a 1.486,29 euro. Per quelle fino a questa soglia, in particolare, l’adeguamento sarà pari al 100 per cento dell’indice Istat, per quelle di importo superiore la rivalutazione sarà via via decrescente, fino a scomparire, come si vede dalla tabella di riferimento. In sostanza, per i trattamenti da 6 volte il minimo in su (da 2.972,58 euro mensili) l’aumento è limitato al 40 per cento (più 0,48 per cento, il 40 per cento appunto di 1,2), ma si applica solo alla porzione di pensione che non supera questa soglia: parliamo di poco più di 14 euro mensili al massimo. Il punto critico, peraltro, è che per il 2014 proprio l’indice Istat utile per la perequazione - come fissato a novembre dal Ministero dell’Economia - è solo dell’1,20 per cento e, dunque, i benefici saranno di conseguenza molto limitati: in pratica, il vantaggio sarà compreso, a seconda dei casi, tra i 14 e i 22 euro mensili, non di più. Al lordo delle imposte, s’intende. Per le pensioni d’oro, dopo la bocciatura della Corte costituzionale del vecchio contributo di solidarietà, governo e Parlamento ci riprovano.

COSÌ per il triennio 2014-2016 i trattamenti più ‘ricchi’ - sopra i 90 mila euro lordi l’anno - saranno sottoposti a un prelievo progressivo modulato secondo la seguente scaletta: le rendite che superano 14 volte il ‘minimo’ Inps (oltre, dunque, i 6.936,02 euro lordi mensili) subiranno un taglio del 6 per cento per la quota eccedente l’importo indicato e fino a 20 volte il ‘minimo’ (9.908,60 euro mensili); la sforbiciata sarà del 12 per cento per la fetta superiore ai 9.908,60 euro mensili e fino a 14.862,90 (corrispondenti a 30 volte il trattamento ‘minimo’), mentre, per la parte che va oltre, il prelievo raggiungerà il 18 per cento. In totale, secondo i dati Inps, le rendite che saranno sottoposte alla cura dimagrante ammonteranno a circa 37mila.