Roma, 2 novembre 2013 - Nulla di ufficiale - neppure a mercati chiusi - ma fonti parlamentari e l'agenzia Ansa confermano che il Tesoro è al lavoro sulla riscrittura della normativa sull'Opa (Offerta pubblica di acquisto) per il controllo delle aziende quotate in Borsa. Strumento prescelto il decreto, che dovrà riscrivere l'art. 106 comma 1 del Dl 58 del 24 febbraio 1998. L'articolo in questione prevede l'obbligatorietà dell'Opa qualora un singolo soggetto detenga una partecipazione societaria superiore al 30%.

SVOLTA ATTESA -  L'ordine del giorno bipartisan del 24 ottobre scorso, promosso da Massimo Mucchetti (Pd - ex vicedirettore del Corriere della Sera) e approvato con 220 sì, 3 no e 3 astensioni, vincola politicamente il governo a rispettare quanto concordato in sede di commissione e poi in aula, e cioè introdurre nell'ordinamento il nuovo criterio del 'controllo di fatto' delle società quotate, anche in presenza di partecipazioni inferiori all'attuale soglia.

CRITERI NUOVI - Una norma salva-Telecom o anti-Telefonica, secondo i liberisti ad oltranza; una norma che tutela invece tutti gli azionisti e gli investitori, secondo Mucchetti e gli altri promotori, perché  pone "rimedio" alla "discriminazione che indebolisce il mercato e continua a premiare le scatole cinesi" (come dichiara oggi l'ex editorialista di via Solferino a Il Sole 24 Ore). Ma proprio sui criteri di individuazione del "controllo di fatto", che l'odg di Palazzo Madama ipotizza nel "potere di nomina, con voto determinate in almeno due assemblee ordinarie, di amministratori che abbiano poteri tale da esercitare un'influenza determinante sulla gestione sociale", i tecnici del Tesoro si stanno esercitando per trovare un testo di ampia garanzia, che da un lato sia di tutela  per la totalità degli investitori ma che, dall'altro, non suoni cone un'entrata a gamba tesa nella delicata partita per il controllo del maggior gruppo telefonico italiano.

TEMPI E OPPORTUNITA' -  Proprio per questo è possibile che il Tesoro rinvii il decreto - con comprensibile disappunto dei presentatori - a una data sucessiva al 7 novembre. Giovedì prossimo andrà infatti in scena l'atteso Cda di Telecom nel quale, oltre all'aggiornamento del piano industriale, sarà in discussione la richiesta di Findim (famiglia Fossati, ex Star), titolare del 5% di Telecom Italia, di indire l'assemblea per la revoca della maggioranza del Cda espressa da Telco, ovvero la scatola di confluenza tra gli interessi degli spagnoli di Telefonica, che hanno un'opzione per assumerne il controllo totale, e i soci italiani Mediobanca, Generali, Intesa San Paolo, viceversa desiderosi di uscire al più presto dall'investimento grazie all'ipervalutazione delle proprie quote (1,1 euro contro gli 0,724 oggi espressi dal mercato). Un prezzo - come lamenta Asati, l'associazione dei piccoli azionisti di Telecom Italia - che è tuttavia garantito da Telefonica solo ai suoi soci d'élite, ma non al resto degli azionisti che pur controllando quasi l'80% del gruppo sono oggi minoranzia consiliare. Di qui lo spunto per modificare la vigente normativa sull'Opa attraverso un decreto che fornisca ampio potere di intervento alla Consob.

L'EFFETTO -  Nel caso il decreto fosse approvato nei termini sostanziali dell'odg promosso dal Senato, gli spagnoli dovrebbero uscire allo scoperto su Telecom (ma in questo momento non avrebbero probabilmente la capacità di affrontare un'Opa) o viceversa sarebbero costretti a mollare la presa sul maggior concorrente in Brasile e Argentina, che potrebbe così trasformarsi in una vera public company.