Martedì 23 Aprile 2024

Pablo Atchugarry, lo scultore dei due mondi

Le creazioni dell'artista uruguaiano, da anni residente in Italia, rimandano alla potenza della natura

Pablo Atchugarry al lavoro nel suo atelier

Pablo Atchugarry al lavoro nel suo atelier

Marmo, bronzo e legno tramutati in forme astratte, di coinvolgente bellezza. L’arte dello scultore Pablo Atchugarry, 68 anni, è un potente richiamo alla forza della natura. Atchugarry, di origine uruguaiana e lecchese di adozione, ha appena chiuso una mostra a Lucca - curata da Gianguido Grassi - intitolata appunto il ‘Il risveglio della natura’. Un’esposizione di forte impatto visivo ed emotivo, che ha trasformato la città in un museo diffuso, con 45 installazioni monumentali, a ridosso della cinta di mura cinquecentesche e all’interno di spazi indoor. E che ha portato all’attenzione del grande pubblico l’artista di Montevideo, tra i più importanti esponenti della scena contemporanea internazionale.

Atchugarry, come è nata la sua passione?

"Sono cresciuto in mezzo ai colori delle tele di mio padre e le emozioni evocate dai racconti scritti da mamma. Papà, imprenditore edile, coltivava un grande amore per la pittura. Mia madre, oltre a essere un’insegnante, collaborava con un quotidiano e scriveva storie. Ho vissuto nutrito da un humus intellettuale decisamente stimolante. Sono partito con il disegno".

Poi è passato alla scultura.

"Nei primi lavori su carta e tela utilizzavo il nero per tracciare i contorni delle figure. Alcuni amici artisti mi hanno fatto osservare che avrei potuto sperimentare altre dimensioni figurative, oltre a quelle del disegno, e mi sono allora cimentato con le prime opere in sabbia e cemento".

Qual è stato il primo lavoro?

"Ho realizzato un cavallo perché amo questi animali sin da bambino. Ne ho posseduto uno per tanti anni. Legno, bronzo e alabastro sono i miei materiali preferiti, che ho utilizzato anche per le sculture esposte a Lucca, in particolare il marmo di Carrara, il nero del Belgio e il rosa del Portogallo".

Come è approdato in Italia?

"Nel ‘77 ho lasciato il Sudamerica, girovagando per l’Europa. Giunto in Italia sono stato rapito dalla forza del paesaggio e delle montagne che circondano Lecco. Ho quindi deciso di fermarmi. Ormai vivo sei mesi all’anno in Lombardia e sei in Uruguay, dove ho istituito una Fondazione che riunisce artisti di entrambi i Paesi. E ho costruito un museo, con cinque sale espositive e una sezione esterna dedicata alle sculture, con 70 pezzi di rinomati artisti internazionali. La mia eredità culturale alla mia terra d’origine".

Se dovesse dare una definizione di arte, cosa direbbe?

"L’arte ci offre una puntuale visione del mondo. Gli artisti sono antenne che captano i segnali nello spazio e li portano a terra, rendendoli tangibili nelle loro opere. Con le mie sculture, che hanno al centro la natura, cerco di trasmettere il messaggio che è ormai tempo di cambiare il nostro rapporto con quanto ci circonda, per il bene di tutti".

Il prossimo progetto?

"Sto organizzando una mostra a Miami. Mi piace molto l’idea di contribuire a realizzare ponti tra Paesi e culture diverse".