Giovedì 18 Aprile 2024

La febbre della disco e certe mitiche notti

Non vestivamo alla marinara. Vestivamo scanzonati, ma con maliziosa attenzione. Quasi di rigore i jeans ascellari di Fiorucci impreziositi da bottoni di metallo istoriato

Luciano Ligabue

Luciano Ligabue

di Beppe Boni Non vestivamo alla marinara . Vestivamo scanzonati, ma con maliziosa attenzione. Quasi di rigore i jeans ascellari di Fiorucci impreziositi da bottoni di metallo istoriato, i primi si compravano a Milano, (treno andata e ritorno in seconda classe) , poi arrivarono anche a Bologna. Le scarpe dovevano essere rigorosamente a punta con tacco alto, le camicie attillate, il giubbetto stile bomber. Erano gli anni Settanta, non c’era internet, il telefono cellulare era un oggetto da film fantasy, la politica era violenta, con la piazza divisa fra rossi e neri e l’Italia entrava nella notte della Repubblica attraverso il tunnel del terrorismo. La Dc era la Balena bianca, potente e onnipresente, il Pci era monolitico, il mondo diviso fra Est e Ovest. L’Italia in musica oscillava fra Lucio Battisti ( Comunque bella , Acqua azzurra ), Ivano Fossati ( La mia banda suona il rock ), Riccardo Cocciante ( Bella senz’anima ), Lucio Dalla ( Piazza Grande ) Patty Pravo ( Pensiero stupendo ), Francesco De Gregori ( Generale ) e le icone mondiali del rock come i Rolling Stones ( Brown sugar ) Elton John ( Crocodile rock ), David Bowie ( Heroes ). Quest’Italia forse distratta ma non qualsiasi ballava nelle discoteche, grandi, immense sempre aperte. Furono luoghi di incontro collettivo per chi aveva tra i venti e trent’anni soprattutto, dove nascevano amori, amicizie, passioni, sogni di gioventù fra un Gin tonic e un Negroni. Ricordo che era molto cult frequentarle al lunedì. Le più alla moda non chiudevano mai, domenica pomeriggio compresa (per i giovanissimi) come gli ospedali. L’Emilia Romagna, terra di professionisti del tempo libero e del divertimento, divenne la capitale delle maxi discoteche dalle quali passarono i grandi artisti italiani e stranieri e dove si fecero le ossa i cantautori Made in Italy. Nei palazzi dello sport si esibivano solo i gruppi rock, i solisti con le loro band amavano le discoteche che contenevano fino a 3mila persone. Forse per caso o forse per intuito fiorirono nomi mitici dei locali spesso dedicati ai volatili: Il Kiwi di Piumazzo (Modena) con Kiwino all’interno che fu l’antesignano, il Marabù di Reggio Emilia, il Picchio Verde di Carpi (Modena), il Picchio rosso di Formigine (Modena), il Mac 2 di San Cesario (Modena), il Cenerentola di Rubiera (Reggio Emilia). Un’epoca d’oro che ha attraversato la storia d’Italia fra rock, cantautori e disco music. Presto o tardi alla sera tutti si passava in discoteca dove intanto negli anni Settanta i Dj con le loro consolle sostituirono le band dal vivo e divennero idoli della notte. Le serate live da allora furono riservate per i concerti dei gruppi e dei cantautori. Un fenomeno che si aggiunse alla Romagna, già terra di locali e musica per esigenze turistiche. Tra l’anno scorso e quest’anno se ne sono andati due personaggi che furono tra gli inventori di quel mondo. A novembre ha salutato tutti per sempre Ivo Callegari, che fece sorgere il Marabù su una pista da Go kart (1976) e nel 2018 ha lasciato Rino Giugni, il visionario ingegnere di Sassuolo che ebbe la prima rivoluzionaria idea (1970) di costruire una maxi discoteca , il Kiwi, in aperta campagna «per non disturbare nessuno». Fu l’inizio di un’epoca che si declinò nei decenni successivi fino a quando cambiò l’aria del divertimento. Oggi i maxi locali sono diventati supermercati o sono strutture in rovina. Scommessa: difficile trovare un giovane di allora che nelle zingarate notturne degli anni Settanta - Ottanta non sia passato per il Kiwi di Piumazzo. Mio papà Angelo era un ispettore della Siae e quindi per me era sempre festa. Ingresso gratuito e permanente di cortesia spesso con codazzo di amici. Quante sere, quante notti più tenere di quelle di John Fitzgerald, passate da una discoteca all’altra con gli amici di allora, Paolo che non c’è più ed era un giovane imprenditore sempre dotato di auto di lusso, Claudio, Fabrizio, Maurizio, tutti studenti di giorno e gaudenti di sera. Ritrovo al Bar Sport (palestra di vita) poi si partiva verso il Kiwi e poi al Picchio rosso e poi chissà dove ancora come se le parole del brano di Ligabue le avessimo già in testa: «Certe notti la macchina è caldae dove ti porta lo decide lei, certe no tti la strada non conta e quello che conta è sentire che vai...». Certe notti, già . Al Kiwi come negli altri maxi locali tra i Settanta e gli Ottanta passarono tutti i big che stavano per diventare big e quelli che lo erano già. Barry White con suo vocione si fermava al bar prima di cantare, Renato Zero una sera ricoprì tutta la platea con un telo azzurro (e io baciai lei) , Andrea Mingardi con la sua band dopo la musica affidava la vociona roca al cabaret con battute, gag, saluti agli amici, Adriano Celentano stava ore a chiacchierare con Rino Giugni sui divanetti rossi. Fecero tappa più o meno tutti da quelle parti, al Picchio Rosso, al Marabù, da Lucio Dalla a Vasco Rossi che arrivava direttamente da Zocca, Claudio Baglioni che già alle prime note innescava baci in apnea tra fidanzati e non, James Brown, Gloria Gaynor, Julio Iglesias, perfino Charles Aznavour. Al Kiwi li presentava il mitico direttore di sala Fabio, nel mondo della notte allora più conosciuto di Luciano Pavarotti. Che tempi. Nei locali vivevano come in una sceneggiatura teatrale figure mitiche. Come i corteggiatori della barista. Stavano ore col gomito appoggiato discretamente al bancone fino a fine serata. Mai un ballo. Fissi lì. Non si è mai saputo se la barista abbia detto sì. Poi c’erano i girovaghi. Camminavano tutta la sera intorno alla pista, occhio attento, sempre in circolo, a passo lento. Nel nastro della memoria che si riavvolge sembra preistoria. Eppure le grandi discoteche, un po’ trash e un po’ trendy, segnarono un’epoca, furono costume e palestra giovanile di relazioni dove se volevi conoscere una ragazza dovevi puntarla, corteggiarla, inseguirla, parlare con lei. A volte era un flop a volte un successo. Chat, web, istagram, messenger, che sono le vie di un certo corteggiamento di oggi, non esistevano. Meglio allora? Non c’è risposta, è l’evoluzione della specie.