Giovedì 18 Aprile 2024

Da grande volevo fare il chitarrista

Anno dopo anno combinare studio, musica e passione politica diventava complicato, così al momento di iniziare l’università presi una decisione dolorosa: lasciare la band

L'Equipe 84

L'Equipe 84

A quattordici anni la mia passione era la musica e in particolare la chitarra, strumento a cui mi ero avvicinato anche per il fascino che esercitava su di me la presenza, a pochi passi da casa, del laboratorio Masetti, nota liuteria modenese frequentata da musicisti italiani e internazionali che non produceva solo chitarre classiche, ma anche modelli pensati per il jazz e il blues. Con la scusa di farmi accordare una chitarra da quattro soldi, rimanevo per ore a guardare il lavoro del liutaio, dalla sagomatura alla verniciatura: fase, quest’ultima, che richiedeva una grande maestria e l’uso di un intruglio a base di alcol e resine, il cui profumo non posso scordare. Ma la mia prima vera chitarra è stata una Wandrè Scarabeo elettrica, prodotta da quello che viene unanimemente considerato il più originale e visionario liutaio italiano. Anche perché, diciamolo, io volevo diventare un grande chitarrista rock.

Visto com’è andata, sembra solo un aneddoto strampalato e magari un po’ snob. Invece è la pura verità, anzi un sogno interrotto. Tanto che quando smisi con la chitarra e iniziai a studiare Economia all’università, preparandomi a quello che sarebbe diventato il lavoro vero di una vita, gli amici non mancarono di citare Venditti: «Sei entrato in banca pure tu». Vero, ma nei cromosomi di famiglia qualcosa alla fine è rimasto e mi fa piacere che uno dei miei figli porti avanti questa passione, anche se lo strumento prescelto è differente: la batteria.

Sono nato a Modena. Mio padre Nestore era originario di Riccò, un piccolo borgo situato sulle prime colline dell’Appennino a sud della città. Vandelli è un tipico cognome modenese: viene subito da pensare a Maurizio Vandelli e alle canzoni dell’Equipe 84. Non siamo parenti, ma qualcosa ci accomuna: appunto la passione per la musica, di certo non rara da queste parti. Mia madre era una Benzi, anche lei con un cognome da modenese doc. Papà insegnava e lo faceva con passione: è stato il primo docente laico di religione a Modena. Mamma Irene, invece, ha gestito un’attività commerciale per un breve periodo, decidendo poi di dedicarsi interamente alla famiglia.

Sono il secondo di due figli , cresciuti in pieno centro storico, a poche centinaia di metri dalla Ghirlandina, la bianca torre campanaria del Duomo che svetta in mezzo alla pianura da molti secoli. Il nostro punto di ritrovo era un cortile a fianco della piccola chiesa di San Barnaba e il calcio è stato, come per molti altri, la prima passione: ho anche vestito la maglia di qualche squadra giovanile. Ma poi, come dicevo, ha fatto irruzione la musica. Fondammo una boy-band, così si direbbe oggi, il cui nome era tutto un programma: “Struttura assente”, tanto per far capire che avevamo molta voglia e pochi mezzi. Il repertorio? Cover di gruppi rock come Santana, Deep Purple e Led Zeppelin, ma anche brani composti da noi. Suonavamo nelle sagre di paese, poi iniziammo a fare concerti veri. Come chitarrista ero quasi autodidatta, all’epoca non era facile trovare insegnanti per il genere musicale che preferivo. A 18 anni riuscii a superare un’audizione al conservatorio, ma non mi fecero entrare: davano la precedenza ai ragazzini delle elementari. Avrei potuto fare l’uditore per un anno e poi passare ai corsi normali, ma decisi di rinunciare.

Nel frattempo frequentavo il Liceo scientifico Wiligelmo, anche se mia madre – con il suo culto concreto del posto in banca – avrebbe preferito per me gli studi più tradizionali di Ragioneria. E proprio al liceo nacque un’altra passione: quella per la rappresentanza, diciamo così, politica del mondo studentesco. Fui eletto in Consiglio d’Istituto in una lista di orientamento cattolico che si chiamava “Alternativa democratica” e faceva la fronda alla “Lista unitaria”, allora prevalente in molte scuole di Modena. Anno dopo anno, però, combinare lo studio, la musica e la passione politica stava diventando troppo complicato, così al momento di iniziare l’università presi una decisione dolorosa: lasciare la band. La scelta dell’Ateneo, invece, fu netta e senza indecisioni: mi iscrissi a Economia e Commercio a Modena.

Brano tratto da “Banchieri” di Beppe Ghisolfi (Aragno ed.)