Mercoledì 24 Aprile 2024

Lo scrittore Camon: "Nei nostri atenei c'è un sistema malato"

"Comandano i baroni, chi non è raccomandato viene estromesso". L'intervista

Ferdinando Camon

Ferdinando Camon

Roma, 24 aprile 2019 - "Nelle università c’è un sistema malato e credo non guarirà mai". La denuncia è di Ferdinando Camon, 83 anni, scrittore, già premio Strega, che a raccomandazioni, privilegi e baronie ha dedicato un corposo capitolo del suo ultimo libro Scrivere è più di vivere (Guanda).

Negli atenei italiani si spendono 2,5 milioni di dollari per pubblicare su riviste scientifiche senza regole: è stupito?

"No. Ormai non c’è nessun apprezzamento per la ricerca, per la cultura e si fa la corsa ad accumulare titoli. Basta guardare i libri che gli studenti devono comprare per certi esami. Chi ha la cattedra non fa altro che rendere obbligatori i suoi testi. Una vergogna".

Lei ha parlato di "sistema mafioso" negli atenei. Ne è stato in qualche modo testimone?

"Presentai domanda per un incarico a Letteratura italiana all’Università di Padova. Eravamo in due in lizza, ma ero sicuro di farcela perché l’altro collega aveva già un altro incarico. Invece...".

Invece com’è andata?

"Hanno dato il posto all’altro anche se a norma di legge non era possibile. Da qui, il Senato accademico giudicò illegittima la delibera e, dopo una serie di rimpalli, tutta la questione venne spedita al ministero dell’Istruzione. Ero fiducioso".

Si è dovuto ricredere?

"Eccome. La ‘malattia’ era arrivata fino a lì. Non mi hanno dato ragione, ma per tenermi buono mi hanno offerto un incarico al Dams di Bologna. Accettai, iniziai a insegnare, ma non ritirai il ricorso. Morale: smisero di pagarmi e la mia esperienza nel giro di 6-7 mesi finì".

Il ricorso com’è andato a finire?

"Il Tar di Venezia ha condannato l’Università a pagare tutte le spese processuali. Ma la delibera è rimasta la stessa".

In pratica l’Università ha vinto e lei ha perso.

"Sì, ma non mi pento di aver fatto questa battaglia. Sono però consapevole che non cambierà nulla".

Non crede che il governo farà qualcosa in merito?

"Parlo coi fatti. Ho mandato il mio libro al ministro dell’Istruzione Bussetti, segnalandogli il capitolo sull’università. Sa che cosa mi ha risposto? Nulla. Sono il governo del cambiamento? Perché non vengono a bussare alla mia porta per discutere di un tema così importante?".

A Bussetti citerebbe anche il caso delle cattedre pilotate?

"Beh, quello ormai è superato. Hanno deliberato (la Corte costituzionale, ndr) che la moglie di un professore può partecipare a un concorso nel dipartimento dove il marito è già docente. Il motivo? Non sono parenti. In pratica, non esiste più neanche l’ombra del conflitto d’interesse".

I baroni universitari hanno vinto di nuovo?

"Basta farsi una passeggiata nei corridoi degli atenei, dove ci sono gli studi dei docenti. In tre o quattro uffici attigui spesso c’è la targhetta con lo stesso cognome".

A un giovane ricercatore che sogna la carriera universitaria che cosa consiglia?

"Dev’essere consapevole che si troverà a lottare in un sistema di potere e mettersi nell’ottica che si entra per servaggio. Non è neanche questo lo scandalo: se un ricercatore è bravo e il suo professore lo tutela può anche andar bene. Il vero problema è quando s’infrange la legge".

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