Milano, 12 ottobre 2011 - IL DOCUMENTO con l’esclusiva firma autografa di Leonardo, presentato ieri sulle pagine di "Quotidiano Nazionale", fu affidato per la prima volta alle mani di Luciano Sassi, da funzionari dell’Archivio di Stato di Milano, un giorno di novembre del 2010.
Che cosa le consegnarono?
«Una busta gialla ministeriale, contenente fascicoli relativi a “la Vergine delle Rocce”. Documenti sul pittore Leonardo. Non di Leonardo. C’è una bella differenza tra “su” e “di”. Non mi aspettavo niente di autografo. E portai il materiale in laboratorio per il restauro».
Però, trattandosi di carte inventariate tra i Cimeli, i depositi più preziosi dell’Archivio, non provava emozione?
«So quale sentimento può provocare, tra i Cimeli, il biglietto scritto col sangue da Silvio Pellico, destinato a Maroncelli, finito invece nei rapporti di polizia, quindi in Archivio. L’ho esaminato. Certo, anche avere per le mani qualcosa su Leonardo, non capita tutti i giorni. Infatti decisi di aprire subito il fascicolo la sera stessa, invece di attendere l’indomani. Da quella notte ho perso praticamente il sonno per un mese».
Non poter chiuder occhio è un serio impiccio per uno che fa il suo lavoro...
«Il mio occhio coglie in 60 secondi quel che deve essere visto. Quando arrivai all’ultimo foglio, il più danneggiato di tutto il carteggio, vidi subito la firma di Leonardo. No, non è possibile, mi dicevo. Sarà una copia. Ma una copia non porta 5 firme diverse come quelle che vedevo io. E non riuscivo a credere ai miei occhi. Chiusi tutto nella camera blindata. Per trenta giorni, ogni mattina rimettevo il fascicolo, senza aprirlo, sul tavolo. Ci giravo intorno fino a sera».
Che cosa turbava la sua coscienza?
«Mi sentivo schiacciato dalla responsabilità. Finché decisi di chiamare Alba”.
La dottoressa Alba Osimo, paleografa dell’Archivio milanese?
«Sì, ma non si trattava solo di affidarsi alla competenza di un altro professionista per verificare la mia “scoperta” e l’autenticità della firma. Alba, quando apre un documento antico e trova la testimonianza dell’esistenza di una persona, la sente rivivere. Come succede a me, quando vedo la firma di Mantegna, nell’ultima lettera scritta poco prima di morire. Gli uomini e le donne che noi incontriamo nelle carte d’archivio sono veri, non personaggi di un film».
Non conosceva Leonardo prima d’incontrarlo nell’atto notarile?
«Da allora ho incominciato davvero a cercarlo, a leggere tutto quello che trovavo sulla sua vita. Anche per verificare che non esistessero altri autografi. Questo, chiaramente, lo sanno fare meglio gli storici, gli specialisti di altre discipline. A loro spetta valutare la rilevanza di un documento, all’interno di una grande tradizione di studi. E ricordiamo che anche il documento che commissiona “la Vergine delle Rocce” è stato studiato, con risultati importanti. Davanti a me, invece, c’era Leonardo che guarda defluire l’acqua del Naviglio ed è distratto dal volo di una farfalla. Il figlio illegittimo che forse deve dimostrare di essere qualcuno. E non finisce quasi mai nulla. Schiavo della sua curiosità».
Quando infine ha messo mano al documento per restaurarlo, non si sentiva rassicurato dalla sua esperienza?
«Al contrario, terrorizzato di sbagliare! Un nodo alla stomaco. Vuoi vedere che, dopo 32 anni che lavoro su documenti milanesi del ‘400, proprio questo si scioglierà!».
Scusi, questo rischio semmai riguarda i documenti arabi.
«Sì, gli inchiostri milanesi dell’epoca sono fortissimi. Ma mi tremavano le gambe quando ho cominciato a tamponare il foglio con acqua deionizzata, per poi lasciarlo asciugare e rinforzarlo con un collante e ricostruire le parti mancanti con carta giapponese, ricreando dimensioni tali da impedire che l’eventuale manipolazione lo danneggiasse..».
Dice che con Leonardo non ha mai usato i guanti, non sentiva tremare le mani?
«Sentivo la spaventosa responsabilità che abbiamo verso il mondo. Negli archivi, noi italiani possediamo la storia. E credo che se queste istituzioni e le ricerche fossero sostenute, si scoprirebbero altri documenti di Leonardo da Vinci».