Giovedì 18 Aprile 2024

Zuppi ricorda don Milani "Il suo ’I care’ ancora attuale Un antidoto al disimpegno"

Il presidente della Cei alla cerimonia in ricordo del parroco sui monti del Mugello. Rosy Bindi: moderno e attuale, la sua figura resta una spina nel fianco anche per noi.

di Duccio Moschella

BARBIANA (Firenze)

Dopo l’abbraccio di Papa Francesco che sei anni fa ha riabilitato, urbi et orbi, il prete ribelle don Lorenzo, ieri nella Barbiana dell’esilio la visita del presidente Sergio Mattarella ha reso omaggio al cittadino Milani. Nel centenario della nascita del Priore, che aveva fatto della scuola ai figli dei poveri la sua missione sacerdotale e umana, la canonica e la chiesa abbarbicate sui monti del Mugello, risparmiati dal maltempo di questi ultimi giorni, hanno ospitato la cerimonia inaugurale delle celebrazioni in memoria di don Milani, curate dal Comitato presieduto da Rosy Bindi e del quale fa parte il cardinale arcivescovo di Bologna, presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi. Le sue parole, prima dell’intervento del capo dello Stato, hanno ribadito la rilevanza del pensiero di don Milani nella chiesa di oggi, con un’avvertenza: "Don Milani non può essere ridotto a un banale politically correct, ci prenderebbe a calci tutti - ha detto con il consueto sorriso, per poi aggiungere - Tutti dobbiamo leggere di nuovo “Lettera a una professoressa” e pensare che è scritto anche per noi. Accettiamo il rigore, l’intransigenza di don Milani. Ci costringe, tutti, a venire ancora in questo “non luogo”, che in realtà è un piccolo universo, che ci fa cercare ovunque questi bambini di sempre, di oggi, e le tante Barbiane, nascoste nelle case delle periferie o nei campi profughi, dove accettiamo crescano migliaia di bambini senza futuro".

È il modo di prendersi cura dell’altro di "un profeta di cambiamento, eppure obbedientissimo prete" nella chiesa del suo tempo. "Per cambiare le cose, più che innamorarsi delle proprie idee, bisogna mettersi nelle scarpe dei ragazzi di allora e di oggi, - continua il cardinale Zuppi - credere che possano essere quello che sono e che questo può essere raggiunto solo grazie ad una scuola che li difende più di qualsiasi altra maestra, una scuola che non certifica il demerito, che garantisce le stesse opportunità a tutti e non taglia la torta in parte uguali, quando chi deve mangiare non è uguale". E il motto "I Care ci libera dall’osceno e disumano me ne frego, anche quello detto con più raffinatezza. Il primo I Care è quello di Dio, il miglior maestro e padre. Grazie don Lorenzo".

E se per Rosy Bindi il priore di Barbiana "resta una spina nel fianco anche per noi. Il suo pensiero è chiaro, diretto, non ha bisogno di esegeti e ha ancora molto da dire", il presidente Sergio Mattarella abbraccia il cittadino sacerdote: "Se il Vangelo era il fuoco che lo spingeva ad amare, la Costituzione era il suo vangelo laico. Nella sua inimitabile azione di educatore - e lo possono testimoniare i suoi “ragazzi“ - pensava, piuttosto, alla scuola come luogo di promozione e non di selezione sociale. Una concezione piena di modernità, di gran lunga più avanti di quanti si attardavano in modelli difformi dal dettato costituzionale".

Don Milani è stato "un grande italiano che, con la sua lezione, ha invitato all’esercizio di una responsabilità attiva. Diceva: “Finché c’è fatica, c’è speranza“. La società, senza la fatica dell’impegno, non migliora. Impegno accompagnato dalla fiducia che illumina il cammino di chi vuole davvero costruire. E lui ha percorso un vero cammino di costruzione". E a proposito del merito, ha aggiunto Mattarella "non è l’amplificazione del vantaggio di chi già parte favorito. Merito è dare nuove opportunità a chi non ne ha, perché è giusto e per non far perdere all’Italia talenti preziosi se trovano la possibilità di esprimersi, come a tutti deve essere garantito".