di Elena Comelli Meta torna a fare la voce grossa, ma si pente subito e fa marcia indietro. La rinnovata minaccia è scritta nero su bianco nella sua relazione annuale alla Sec: se il colosso di Mark Zuckerberg non avrà la possibilità di trasferire, memorizzare ed elaborare i dati dei suoi utenti europei sul server con sede negli Stati Uniti, Facebook e Instagram potrebbero essere chiusi in tutta Europa. Una minaccia, neanche troppo velata, anche in relazione alle migliaia di dipendenti europei di Meta, cui dovrebbero presto aggiungersi 10mila nuovi assunti per lavorare al Metaverso. Il punto dolente è il trasferimento dati fra Ue e Usa, regolato attraverso il cosiddetto Privacy Shield, bloccato dalla Corte di giustizia europea a luglio 2020, a causa di violazioni della protezione dei dati. Da allora si lavora a una versione aggiornata degli accordi, ma Meta ha voluto precisare che se non sarà più autorizzata a utilizzare gli attuali accordi "o alternative", non sarà "probabilmente" più in grado di offrire in Ue molti dei suoi "prodotti e servizi più significativi", come Facebook e Instagram. A questo punto, molti si sono chiesti se veramente Meta fosse pronta a dire addio all’Europa. Con il mercato cinese già fuori gioco e quello russo senza prospettive, Zuckerberg avallerebbe in questo modo l’idea di confinare i suoi prodotti al solo mercato americano e all’incerto mercato indiano, che ha già bandito TikTok. Tanto che da Menlo Park è arrivata una smentita: "Non abbiamo assolutamente alcun desiderio o piano di ritirarci dall’Europa. Semplicemente Meta si basa sul trasferimento di dati tra l’Ue e gli Stati Uniti per poter offrire servizi globali". Se gli accordi transatlantici non venissero rinnovati, l’impatto si sentirebbe in molti settori. Nel peggiore dei casi, una piccola start up in Germania non sarebbe più in grado di utilizzare un ...
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