Zinga prende tempo: primarie nel 2023 Sondaggio-choc, democratici giù al 14,2%

Oggi vertice degli ex renziani: assise subito dopo la pandemia. L’analisi Swg: con Conte alla guida i 5 stelle volano al 22 per cento

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di Ettore Maria Colombo

Congresso nel 2023 e alleanze col Movimento 5 Stelle di Conte ovunque. Questa è la strategia di Nicola Zingaretti per il ‘nuovo’ Pd. Le minoranze interne restano basite e riottose, ma solo i Giovani Turchi alzano la voce. Il segretario dem ieri ha riunito la Direzione del partito (in streaming) per proseguire la discussione iniziata venerdì che, nonostante le premesse, è filata via liscia come l’olio (con tanto di relazione votata all’unanimità).

Zingaretti ha posizionato il Pd dove voleva lungo l’asse di ferro con M5s e LeU, senza che nessuno, tranne Matteo Orfini, abbia avuto il coraggio di rimproverargli alcunché. Certo, a tarda sera, davanti alla lunghezza siderale prevista dal leader dem per convocare le prossime assise congressuali (il 2023, appunto), una nota – informale – della più corposa minoranza del Pd, Base riformista (sostanzialmente gli ex renziani rimasti nel partito), prova a farsi sentire.

"Nel 2023 rischiamo di essere in un’altra era politica – sospirano dentro la corrente interna ai dem, che oggi terrà una sua riunione –. Il segretario ci è sembrato un po’ sulla difensiva". Tuttavia, Base riformista non parte certo lancia in resta: per Guerini e i suoi, l’impegno deve essere di "accompagnare l’azione dell’esecutivo Draghi sulle priorità impellenti (vaccini, ristori e Recovery) e mettere i nostri candidati nelle condizioni di vincere le amministrative".

Insomma, l’ormai noto ‘calma e gesso’ che il ministro Guerini (detto ’il Conte Zio’ del Pd) predica da tempo. E, con un amico, si confida: "Il congresso del Pd non si farà nel 2023, ma prima, però bisogna aspettare che finisca la pandemia". Tempi lunghi, insomma. Forse, oggi, nella riunione di Base riformista, seguiranno scelte più radicali, come l’uscita dalla gestione unitaria, ma si vedrà.

Resta che la sola iniziativa politica oggi in campo è quella del segretario e del suo ideologo, Goffredo Bettini. Nessun congresso anticipato, appunto, se non a scadenza naturale, nel 2023. Alleanze con i 5Stelle dappertutto, tanto che le giunte regionali vanno aperte subito ai grillini: in Lazio è già cosa fatta, ma si spera che questo accada presto pure in Puglia. E il Pd sta premendo perché avvenga anche in Toscana.

Candidature comuni, con i 5Stelle e LeU alle elezioni amministrative nelle grandi città (Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, Bari) o, se non sarà possibile, come nella Capitale, causa la Raggi, convergenza al ballottaggio. Infine, investitura di Conte a leader del Nuovo Ulivo, non solo del M5s. E poco importa che, dicono i sondaggi (ieri Swg), la discesa in campo di Conte si traduca nel botto per il Movimento 5 Stelle (22%, +6,4%) e in un salasso per il Pd (-4,3%), ridotto a un misero 14,2%. Quel che conta è crederci.

Infine, il 13 e 14 marzo, in Assemblea, una o due donne verranno nominate vice segretario, a seconda che Orlando mantenga la sua carica o meno: in pole la D’Elia (area Zingaretti) e la Serracchiani (area Franceschini). A Base riformista giusto le briciole e, anzi, il rischio di perdere anche uno dei due capogruppo.